Questa torta ve l'avevo già un po' raccontata su Instagram Stories, e tante di voi avevano già richiesto la ricetta. Come ben sapete però il tempo che mi resta per il blog è un po' pochino ultimamente, causa un lavoro impegnativo da una parte ed un passatempo da social media manager con scadenze dall'altra. Le cose cambieranno, e lo spero sempre, perché ammetto di essere parecchio incasinata. Mentre scrivo questo post la mia Brioche fa le paste per aria con le zampine, a pancia in su sulla sedia accanto alla mia. Mi piace farla entrare quando inizia a fare freddo fuori, pian pianino sto anche abituando la sua bimba Crema a non attaccare le calamite a forma di gambero (quindi con le zampe che si muovono) attaccate alla stufa. Ci vuole pazienza. Sono innamorata dell'effetto che ha il profumo di torta sui gatti. Succede che quando sto cucinando ed entrano in due dalla porta di casa subito i musini si levano per aria perché avvertono un profumo diverso dal solito. Corrono su per le scale e si siedono davanti al forno in funzione, curiose, perché quella 'cosa' al suo interno cresce, si trasforma, cambia colore... e le code vibrano in sospensione. Il paragone è bizzarro, ma mi ricordano i tempi da bambina in cui stavo seduta nella stessa posizione (senza coda eh!) aspettando che il capolavoro di mamma uscisse da lì. Ecco, la mia gatta sta russando. Nel frattempo Ottobre è già volato, per i mesi velocissimi sono un po' in crisi, perdonatemi. Adoro i colori vividi e caldi di questa stagione, anche se il freddo inizia già ad intirizzirmi le mani; la lana ha fatto la sua comparsa senza neanche essere annunciata. Accidenti. La cosa fantastica è che ogni mese porta sempre un nuovo inizio, di questi tempi. Novembre ne ha ben 2 in serbo per me. Un corso che attendevo da tanto e di cui vi parlerò, ed una nuova avventura da blogger insieme a Giada de @lepiccolecosedelladomenica e Carolina di The Smart Dressing. Sabato l'ultima colazione organizzativa e poi il treno parte! Questa che vi porto oggi non è affatto la solita torta di mele, nonostante ne esistano miliardi di versioni. La mia torta alla Purea di Mele con Glassa al Caramello arriva dalla splendida enciclopedia di FOOD52, americana of course, e giunge nel periodo giusto: quello in cui qualsiasi cosa abbia a che fare con zucchero, forno e mele rispecchia il mood di tutti - that is to say copertine e caminetto. L'ho presentata a 13 persone e tutte e 13 erano in brodo di giuggiole. La rifarò sicuramente anche questo weekend perché invitata a cena assieme ad altre 13 persone (magic number?). La facilità è madornale, sicuramente non vi prenderà i dieci minuti del normoimpasto ma una mezz'oretta per via della purea di mele da preparare (se non acquistate quella pronta, ma la sconsiglierei in questo caso). Poi però il resto va liscio come l'olio... che ha. Niente burro infatti, solo nella glassa! Vi lascio una delle ricette alle mele più buone della mia vita finora. Fatene buon uso! INGREDIENTI 300 gr farina 1 cucchiaino e mezzo di bicarbonato di sodio 1 cucchiaino raso di sale rosa una punta di cucchiaino di pepe nero 2 cucchiaini di cannella vanilina 1 cucchiaino di zenzero 2 uova medie 225 gr zucchero 100 gr zucchero di canna 300 gr purea di mele poco zuccherata 160 ml olio di semi per la glassa 4 cucchiai di burro (solido) 60 gr zucchero di canna 80 ml panna fresca una punta di cucchiaino di sale rosa 6-7 cucchiai di zucchero a velo PROCEDIMENTO Partite dalla purea. Pelate circa 400 gr di mele, levate il torsolo, tagliate a tocchetti e mettete sul fuoco insieme al succo di mezzo limone ed un po' di zucchero semolato (non troppo, tipo 2 cucchiai rasi). Lasciate andare a fuoco medio mescolando spesso ed ottenete una purea non troppo spappolata. Fate leggermente intiepidire. In una ciotola grande sbattete con il frullino, nell'ordine: uova con gli zuccheri (fino a quando sono gonfi e quasi bianchi), purea, olio e vanilina fino ad ottenere un composto omogeneo. Usate una spatola per aggiungere gli ingredienti secchi: farina, bicarbonato, spezie, sale. Versare il tutto in una tortiera col buco (imburrata ed infarinata) e cuocere in forno già a temperatura a 180°C per 45 minuti. Fate la prova dello stecchino. Quando si sarà parzialmente raffreddata trasferite su una gratella e portate a temperatura ambiente (sarà molto soffice). A questo punto fate la glassa: in un pentolino unite panna, burro, sale. Portate a bollore e mantenete per 1 minuto, poi spegnere il fuoco ed attendere 5 minuti. Infine unire un po' alla volta lo zucchero a velo: andate ad occhio, dovrà addensarsi di un poco ma non di troppo tempo. C'è anche un video nel mio profilo Instagram! Spolverizzate di gherigli di noce triturati o nocciole, mandorle... quello che preferite. Servite a temperatura ambiente.
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E' un periodo che è tutta un'ansia senza fine. La parola d'ordine di ogni giorno è CORRERE, a casa come a lavoro, dove sono sommersa da pile di carta da sbrigare. Corro talmente tanto che la notte non sono in grado di farmi 7 ore di sonno di fila, c'è sempre qualche oscuro motivo per il quale io debba svegliarmi a ore barbare e fare fatica a riprendere sonno. Non la sto vivendo benissimo, vi dico la verità. Mi manca l'arrivare a casa, la sera, e tuffarmi sul divano con la mente sgombra. L'unica serata in cui trascorro 1 ora e mezza davanti alla TV è il venerdì, con il mio amato Bake Off(tonight!). Organizza di qua, organizza di là, lavora per questo e per quell'altro, fai questo e fai quello, mai a casa, sempre in giro a sbrigare commissioni... e poi guardate il mio armadio, poverello. Una disperazione! Ho proprio bisogno di fermarmi e riconsiderare il concetto di tempo. Perché ora come ora se facessero un referendum per ottenere 30 ore al giorno in cui poter smaltire le affannose corse io voterei sì. Tutto, pur di levarmi di mezzo questa lista che non si accorcia. Ho bisogno di ORGANIZZAZIONE. Ve lo scrivo in grande perché così me lo pianto bene in testa. Vietato lamentarsi... si diceva così vero? Ecco appunto, allora mi tappo la bocca con un Buchteln, e mi rilasso impastando! Questa ricetta è in mio possesso da un po' d'anni, ottenuta dal blog di Fiordifrolla, la prima foodblogger che iniziai a seguire ancora molto tempo fa, quando l'idea di uno spazio virtuale tutto mio manco mi sfiorava. Ad oggi posso dire di aver preparato abbastanza Buchteln da conoscerne a memoria la preparazione, e di aver sempre riscosso un successo dietro l'altro con parenti/amici nei paraggi. Non scherzo nel dire che è l'impasto più morbido e voluttuoso di tutti, quello che lievita più adorabilmente. Vi basti vedere il confronto tra la foto sopra e quella sotto! Ogni volta che si alza un lembo di canovaccio è un "awwwww" sussurrato. Cosa sono i Buchteln? Sono delle pagnottine sofficissime dolci. Il loro interno non resta cavo ma lievita, mantenendo un cuore di marmellata dolce. Mi piaceva, qualche anno fa, fare il gioco dell'indovinello: farcivo le palline con due gusti diversi di marmellata, il caso sceglieva per chi allungava la mano insomma... Stavolta ho scelto di usarne una, e nello specifico quella di amarene bio. Poco dolce, ma per me ugualmente buonissima. L'origine della preparazione è austriaca e c'è chi dice anche boema, ma tutt'oggi è molto apprezzata anche in Ungheria ed a Trieste. La mia bisnonna aveva genitori austriaci, sangue dei boschi e spirito straniero. Quella goccia di tradizione austriaca che mi porto dentro per discendenza familiare danza felice quando decido di fare i Buchteln, ma non serve essere poco italiani per decidere di cimentarsi! Direi di aver ciarlato abbastanza. E' venerdì sera, è ora di riprendere in mano il tempo e calmare tutto quanto. Copertina, gattone, tisana caldissima allo zenzero in una mano e buchteln moooorbido nell'altra. Buon weekend a tutti! Ricetta adattata da “Cucinare nelle Dolomiti” NB: se avanzate i Buchteln il giorno dopo potete congelarli. INGREDIENTI per 18 Buchteln 25 g di lievito di birra fresco 40 di zucchero 120ml di latte 40 g di burro fuso 2 uova 200 g di farina 00 200 g di farina manitoba 1 bustina di vanilina 1 fialetta di aroma all’arancia 1 pizzico di sale ½ fialetta aroma rum confettura di albicocche e di mirtilli burro fuso per spennellare zucchero a velo per spolverare PROCEDIMENTO
Se vi aspettate un post ad alto tasso di parole come "vinificazione a lacrima", "macerazione delle uve", "svinatura", "sapore giustamente tannico", purtroppo -o per fortuna- per voi siete nel posto sbagliato. In Villa Veritas è stato per me il primo evento a tema enologico e mi ha vista arrivare affamata(ah-ehm) e curiosa di trovare almeno 3 vini che mi piacessero, finalmente. Questa prefazione è doverosa per dirvi che il vino non è un qualcosa che ordino al ristorante con nonchalance, agitando la mano e facendo la sommelier che non sono. Nemmeno in casa consumo vino - solo nelle occasioni di festa e rigorosamente col dolce. Non amo molto i rossi corposi. Sono più tipa da bianco. E se devo usare degli aggettivi per descrivere il tipo di vino che mi piace... ricado sempre in quelli che uso per descrivere i dolci. Che ci fa allora una papera tra i cigni, ad un evento in cui tutti più o meno conoscono l'etimologia della parola "affinamento"? Imparo. Apprezzo. Chiedo. Osservo. E inevitabilmente mi diverto, in compagnia del mio Dani. Me ne sono uscita entusiasta. E se cercate anche il mio momento da zucca leggera e vorticante causa troppi assaggi... leggete più giù e lo troverete! Partiamo dall'inizio. La location dell'evento, conclusosi Lunedì (9-10 Ottobre), era la magnifica, magica, mia amata Villa Contarini. La cosa che più mi ha sorpresa è che fosse aperta esclusivamente agli ospiti di In Villa Veritas. Un altro modo per vederla, un altro modo per riempire le sontuosissime stanze. Molti gli eventi nell'evento: workshop, seminari, addirittura show cooking. Dani ed io eravamo in fibrillazione. L'aria frizzantina dell'Autunno (che si sentiva a folate nei video su Stories - Instagram dove sono @thegrowlingpatry), la reflex, il timido sole e tantissime cose da provare. Grande la mia fortuna: il pass stampa in tasca. E poi la presenza della Folperia di Max e Barbara e di Nino U Ballerino, il cui panì cà meusa (panino con la milza) ci intrigava da un po'... un mix di rincorse, quindi, verso quest'evento che aspettavamo entusiasti. Sapere, poi, che sarebbero stati presenti ben 65 produttori di vini e distillati e ben 35 di gastronomia speciale... sì insomma, a uno poi la curiosità brucia! Ed eccola qui, la nostra splendida villa, all'ingresso dell'evento. Appena entrati ci sono stati dati guida e pass per ottenere il bicchiere per gli assaggi, nonché libero accesso alle sale dedicate. Al primo piano l'ala sinistra, l'ala destra e la particolarissima sala con la conformazione di cassa armonica di chitarra erano aperte ed allestite con degustazioni di vini di ogni tipo, nonché di specialità gastronomiche nuovissime anche per me - che sul cibo posso dirmi più ferrata, ecco. Nella splendida sala delle conchiglie altrettante degustazioni. Il parco era liberamente aperto ai partecipanti (un vero peccato che il tempo fosse un po' incerto tanto da scoraggiare le passeggiate per ossigenare il cervello, vi avevo già raccontato di quanto sia meraviglioso). Essendo le aree distinte per regioni o fili tematici (presenti anche delegazioni estere come la Slovenia e la Francia), l'inizio del percorso gustativo era assolutamente a discrezione propria. Uno, per dire, poteva anche decidere di cominciare in maniera patriottica presso il Padiglione Veneto, al piano superiore delle foresterie vecchie (la zona a destra guardando l'ingresso principale della villa), e poi proseguire con un excursus di tutta Italia ed oltreconfine. Noi abbiamo deciso di partire dall'Ala Sinistra, che ci ha portati a fare la conoscenza del primo amore della giornata. La trota salmonata affumicata di Trota Oro. Allevata in acqua dolce di montagna tra le bellezze del Trentino ed affumicata sapientemente da mani storiche, ha colpito il palato che avevamo appena 'battezzato' con una entrée di benvenuto bianco. Pochi istanti dopo ho avuto l'occasione di assaggiare anche il salmerino affumicato. Al che ci siamo ricreduti. Salmone? What is salmone? Trentino we love you. Il dedalo di assaggi, tra vini fermi, rosé (per me), bollicine, percentuali di Malvasia in vini selezionatissimi, prime uve, raccolte tardive, maturazioni in botti speciali, ci ha fatti piombare al banco della Cascina Chicco, Piemonte (CN). Giunti a quel punto avevo bisogno di dolcezza. Di fronte al gentile signore che era lì per chiarire i miei evidenti dubbi sul vino ed offrirmi qualcosa da assaporare ed annusare ho pigolato, sentendomi un po' in colpa, che ero un po' stanca di vini vaghi. Avevo bisogno di una sferzata decisa e dolce. L'avessi mai detto! Il signore e la sua collega hanno sorriso, e con piglio deciso mi hanno offerto il loro passito Arcass (arneis raccolta tardiva). Bè. La cosa più buona che io abbia mai bevuto. Dolcezza di frutta secca, miele, assolutamente non stucchevole. E non ditemi che vabbè, tanto io ed il vino non siamo migliori amici quindi non posso sapere... ma ve lo giuro, mai ho bevuto qualcosa di più buono. Daniele, più esperto di me, era ugualmente piombato nel paradiso dell'uva fermentata. Al che, poi, mi sono recata al Wine Shop e l'ho richiesto. Picche, purtroppo. L'evento, organizzato dall'enoteca La Mia Cantina di Padova, non poteva fornire agli ospiti tutta la varietà di bottiglie disponibili per gli assaggi, essendo queste numerosissime (almeno 4 alternative come minimo a produttore). Ma l'ho giurato a me stessa, una bottiglia di Arcass la vorrei sempre avere in casa, ed andrò sicuramente a comprarla. Proseguendo al piano terra, nella sbalorditiva sala delle conchiglie, ho continuato ad assaggiare vini di tutti i generi, e sono pure stata servita da un signorino di circa 10 anni che accompagnava i genitori. Un qualcosa che non capita tutti i giorni :) ! La sala delle conchiglie ospitava, più delle altre, una concentrazione maggiore di produttori gastronomici. Particolarissima la postazione torrone caldo: un signore offriva a tutti gli ospiti un pezzetto di ostia in cui spalmava con una spatola del torrone molto caldo, super cremoso e filante. Mi ci sono tuffata come una bimba. Unica anche la proposta della Pregiata Forneria Lenti: il loro panettone alle olive è sicuramente qualcosa che non avevo assaggiato prima. L'abbinamento con i vini siciliani della postazione più in là, poi ha esaltato il tutto. A tal proposito, arriviamo al punto in cui i crostini con paté di acciughe del Mar Cantabrico, quello di olive taggiasche pregiatissime o quello di pistacchio dolce/salato, il pane offerto ad ogni stand ed il torrone spiluccato, non mi hanno più supportata nella sicurezza sulle gambe. Ridete, voi, ma con almeno un 15-20 assaggi già fatti (ed eravamo solo a metà) una non è che poi fa le foto dritte. Ad un certo punto, insomma, tentavo di lanciare segnali a Dani, tra una spiegazione dei produttori e l'altra, per fargli capire che 1) il mio stomaco aveva bisogno di una pausa da tutto quel pout-pourri di vini 2) avevo fame, e avevo bisogno di cibo più consistente di un crostino. Bè, non ce l'ho fatta. Come vi dicevo, eravamo finiti allo stand siciliano di un ragazzo molto simpatico con la giacca a quadretti. Parlava di passito e lo reggeva in mano ed io, amante del passito e scellerata seriale, non ho potuto non chiedere "E se te ne chiedessi un assaggio? Ma proprio una lacrima sai". La sua risposta? Un sorriso e poi... non ho capito cosa mi ha detto. Cretinamente, nel trambusto, ho detto "Sìsì!". E in quel momento ha cambiato bottiglia: "Allora ti faccio partire da questo, che è il primo step verso la fermentazione finale del passito". Insomma, avevo appena accettato il percorso del passito. E' finita che mi son bevuta altre tre bottiglie e poi giunta al passito, o meglio, allo Zibibbo, ho capito che era proprio ora di mangiare. Ridacchiavo, allegria! Siamo scappati a prendere aria. [ Postilla: Ok, a questi eventi sono disponibili ovunque dei contenitori per versare il vino che, dopo l'assaggio (che dovrebbe essere quello stile pulcino, due gocce), non si necessita più di bere. Etichetta a parte... che spreco è? Insomma, tutti quei vini pregiati appena assaggiati e poi eliminati dai bicchieri? Ma dai. ] Insomma, cosa ho mangiato a In Villa Veritas? La parte consistente del mio pranzo, fatto alle 15 circa, ha consistito in qualcosa di molto lontano, sia geograficamente che concettualmente. Folpetti, masenete e panì cà meusa. Cibo di strada di due titani - e pure Gambero Rosso la pensa così, perché nel 2015 li ha insigniti rispettivamente del 2° e del 1° posto nella classifica italiana del miglior street food. Folpetti e masenete (i granchietti che si trovano in questo periodo qui in Veneto, diversi dalle moeche) sponsored by i mitici (e padovanissimi) Max e Barbara de La Folperia (di cui vi avevo parlato QUI), ce li siamo gustati sporcandoci le mani tutti felici. Il panì cà meusa (panino con milza, formaggio e sale) di Nino U Ballerino, giunto sin qui apposta per la manifestazione, era nei sogni di Dani da un po'. Inaspettatamente l'ho apprezzato un po' più di lui, nonostante, ve lo dico con onestà, io preferisca i folpi e le masenete. La consistenza viscidina della milza era qualcosa di vagamente brrrrrrrr, il gusto era molto buono, molto sapido. Perché ho ordinato anche io un panì cà meusa se non sono affatto una fan delle frattaglie? Questo non ve lo so dire. Chiedetelo al coraggio momentaneo che mi ha infuso il vino! La seconda parte del nostro tour ci ha visti impegnati con i vini e le specialità Venete, slovene e francesi. Eravamo un po' saturi di assaggi quindi ci siamo decisamente contenuti rispetto alla prima parte del nostro giro. Al padiglione Veneto abbiamo incontrato anche qualche nome di cantina conosciuta, nonché specialità tipiche come salumi e formaggi. Bello ritrovare anche la Società Agricola Littamé, conosciuta grazie al famoso Ocaburger del Padova Food Festival. Abbiamo assaggiato la loro porchetta d'oca... particolarissima! Siamo usciti da In Villa Veritas indecisi. Avremmo voluto ripercorrere ancora le bellissime sale, alzare il naso sui dettagli nascosti, testare quel vino che ci aveva incuriosito. Andare a passeggiare nel parco sul retro della villa, per fare due chiacchiere con le papere del lago. O tornare a riprovare la birra artigianale al miele che è piaciuta tanto a Dani. Ce ne siamo andati con un sorrisone stampato e la curiosità ancora a mille. Avremmo voluto spendere più tempo anche nell'angolino dedicato alle Berkel d'epoca. Villa Contarini, gli organizzatori, i produttori e la passione che li muove... non saprei chi ringraziare per la bellissima esperienza. Spero di ripeterla ancora e ancora, un po' perché il mondo del vino sotto questo punto di vista è finalmente quell'ambito permissivo in cui posso chiedere senza vergognarmi (sapete, per i ristoranti girano certi camerieri che ti fanno sentire una babbana...), un po' perché quest'incrocio meraviglioso di vino e cibo di nicchia mi ha fatta impazzire. Non sapevo dove guardare, dove fermarmi. Avrei voluto avere quattro stomaci: due per il vino, due per il cibo. Avere a che fare con i diretti produttori è stato interessantissimo, al di là di qualsiasi aspettativa. Sono una ragazzina cresciuta con la vendemmia di Settembre insieme ai parenti, con il sorso di mosto crudo, con il torbolino delle sagre d'Ottobre, con il vino imbottigliato (da sempre) in casa. Quella con i nonni che se non hanno del vino in tavola non pranzano/cenano. Il vino per me ha sempre avuto un sapore di colori familiari, un'accezione casalinga. Un evento in veste curata, di qualità, mi ha catapultata in un universo di possibilità, di storie... e a me le storie piacciono molto, credo lo sappiate. Che posso dirvi? Abbiate pazienza. La regia mi dice che si tratta di un evento biennale, quindi... ci rivediamo a In Villa Veritas 2018! Ottobre è cominciato e se devo dirvi la verità non ho ancora avuto il tempo di rendermi conto che Settembre è cominciato e bello che finito. Come vi ho raccontato su Instagram (@thegrowlingpatry) dire che le mie settimane sono state frenetiche è dire poco. Si spera in un Ottobre ricco di colori caldi, di bellissime esperienze e di un po' meno di frenesia... anche perché sennò arrivo a Natale sui gomiti! Detto questo, non posso che confessarvi che Ottobre è un mese di nuovi inizi. Qualcosa bolle in pentola ed i segnali sono un po' ovunque, tenetevi pronti e scoprirete di che parlo. Ottobre è il mese della zucca. E non solo perché c'è Halloween in vista, ma perché la zucca è proprio il simbolo del freddo... grazie al suo colore caldo. Riprende la cromia delle foglie, lo spessore della lana che già aspetta sulle grucce nell'armadio, la dolcezza delle tisane serali dopo giornate con meno luce ma più desiderio di casa e di coziness. Per me coincide con il periodo dell'anno in cui Brioche (e quest'anno anche Crema) sale in casa e si accoccola vicino a me mentre faccio la scribacchina al pc perché il tappetino fuori è (ovviamente) meno morbido del divano. Ad Ottobre possiamo usare il forno senza pensieri. E possiamo farci la pizza in casa. Poteva mancare la zucca in questa mia prima ricetta autunnale? Certo che no! Questa ricetta viene dritta dal mio accostamento ideale di ingredienti autunnali. Un mix&match che mi piace molto perché dopotutto risulta un po' dolce, come piace a me. Conoscevo il Gruyère da un po' e preferirlo ad Asiago o mozzarella è stato semplice. La pancetta è trentina, il rosmarino del mio orto. La zucca è bellezza e dolcezza. Ho scelto di fare una base grezza e di NON usare il pomodoro. Ultimamente amo le pizze bianche ed il mio ultimo viaggio a Roma mi ha fatto capire che la pizza rossa non è così classica come ci vogliono far credere. Forse penserete che la pasta della pizza sia un affare complicato, ma in realtà per farla vi bastano quindici minuti, nonché 12 ore di lievitazione in cui non dovrete fare proprio un bel niente. :) Vi racconto come fare, intanto voi preparate le zucche, perché Ottobre è arrivato! Questa ricetta è stata pensata per il blog di Ilaria, Lipstick For Breakfast. As always la ringrazio per l'ospitalità adorabile, e con il consueto entusiasmo vi invito a sbirciare il suo blog super classy :D Grazie cara! INGREDIENTI per 1 o 2 pizze sottili 4 gr di lievito secco in granuli 1 cucchiaino di miele fluido 125 gr farina 2 macinata a pietra o comunque semintegrale 125 gr farina Manitoba 140 ml di acqua tiepida a 30°C 2 cucchiaini d'olio 1 cucchiaino scarso di sale 1/4 di zucca (piccola) 100 gr di pancetta trentina 150 gr di Gruyère (io l'ho reperito al Despar) 1 rametto di rosmarino PROCEDIMENTO In una ciotola di vetro stemperate il lievito con l'acqua tiepida fino a quando non si sarà sciolto. Aggiungete 1 cucchiaino di miele, mescolate. Aggiungete le farine poco per volta, impastate due minuti con le mani e unite il sale. Impastate per altri 8 minuti, formate una palla e lasciatela a riposare dentro alla ciotola coperta con un canovaccio al riparo da correnti d'aria. Dovrà restare così per 12 ore. Trucchetto: la pasta lievita meglio se la ciotola posa sul legno. Sbucciate la zucca e tagliatela a fettine sottili ma non troppo. Cuocetele in forno su una placca con un goccio d'olio: 200°C, ventilato, per 14 minuti. Infornate anche la pancetta per due minuti per renderla croccante. Oliate pochissimo una teglia da pizza e stendetevi la pasta. Infornate per 5 minuti a 220°C. Toglietela dal forno, grattugiatevi uno strato di Gruyère ed adagiatevi sopra la zucca, il rosmarino. Infornate per altri 6 minuti. Estraete ancora e unite la pancetta. Ultimate la cottura (2 minuti) circa. Servite. Se preferite, irrorate di aceto balsamico molto denso. |
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