In questi ultimi tempi mi succede qualcosa di strano a giorni alterni. Facciamo una premessa: il mio lavoro, quello nuovo nuovo che ho iniziato da meno di due mesi, mi ha catapultata in uno stato mentale totalmente diverso da quello precedente, ciò nonostante mantenendo fermi i punti e gli impegni settimanali che seguivo da molto prima del mio nuovo inizio (tipo le ripetizioni, la danza, il blog, altri lavoretti - sì bè, avete anche ragione, il blog sta un po' soffrendo per i miei standard). La maggior parte del tempo della mia giornata quindi ora prevede un ufficio, clienti, telefoni, colleghe e colleghi, una nuova password del pc che sembrerà idiota ma ancora deve soppiantare quella (in memoria) del pc del mio lavoro precedente. Per tutto quel tempo la mia zucca resta piantata lì dov'è, concentrata, cercando di non combinare disastri per carità, e riuscendo a lasciare fuori dall'azienda i pensieri. Eppure, mi capita una cosa proprio stranissima ogni tanto. E' tipo un pizzicorino alla nuca, un campanellino che mi trilla nell'orecchio e mi distoglie per un istante dalle mie faccende impiegatizie. E mi sussurra che in quel momento sarebbe bello essere in un dato posto. Non parlo di "oh sì mi piacerebbe andare a Firenze e guardare il Botticelli", ma di un concetto ancora più assurdo. Bisognerebbe essere come in E' quasi magia Johnny e strizzare gli occhi, riaprirli e trovarsi a Padova per dei cupcakes (e voi sapete dove). Oppure a Venezia a passeggiare lungo l'acqua che invade la città. Ma giusto il tempo per fare quella cosa, tipo mangiare o passeggiare, poi ri-strizzare gli occhi e tornare al punto di prima. Quindi, da quel che ho capito, il trillo mi invita allo spostamento fisico immediato ed al ritorno ancora più immediato. Una cosa che mi fa un po' ridere perché non mi è mai capitata prima, ma che credo sia riconducibile al fatto che dopo tante ore di concentrazione di fila la mente si crei delle fughe e degli spazi per distogliersi un attimo dalla realtà fisica. Un po' come quando si cammina in un bosco ed all'improvviso toh, una radura. Senza alcuna avvisaglia. Se state pensando che questo fenomeno accada perché mi annoio o non mi trovo bene nel mio nuovo posto di lavoro... vi assicuro serenamente that you're wrong. Mi trovo molto bene, mi piace e mi interessa, e tutte quelle ore di concentrazione hanno una motivazione. Altrimenti, mi sa, sarei sempre col cervello a farfalle! :D Una delle volte in cui la mia mente m'ha giocato questo scherzo, per un solo minuto avrei voluto essere (era un pomeriggio piovoso) in Svezia, dentro una tipica pasticceria, ad assaggiare la Prinsesstårta - che non ho mai testato in forma autentica. Ci ho sempre pensato io a farla, dal giorno in cui la scoprii per caso in rete. E' diventata una delle torte preferite di Dani, perché la cupolozza verde piace a chiunque (e piace ancora di più quando si precisa che non è pasta di zucchero) e perché sotto quel colore c'è davvero lo scrigno delle meraviglie. Mio padre si ostina a paragonarlo ad uno Zuccotto (e sono certa che gli piaccia il suono di questo nome) anche se sa benissimo che la Prinsesstårta si costruisce dalla base e non dalla cima, come si fa con la versione (poverella, in confronto) italiana. La torta delle principesse ha pochi rivali per farcitura e ne potete trovare varie versioni in base agli strati, ma non devono mai mancare tre ingredienti fondamentali: la panna, la confettura di mirtilli rossi e la crema pasticcera. Io procedo sempre così, dalla base: pan di spagna, mirtilli, spagna, pasticcera, panna, spagna, panna(pochissima, per far aderire), marzapane. Già, perché di marzapane, o pasta di mandorle, si tratta. Tanti strati? Gusti troppo confusi? Assolutamente no. La cosa più strabiliante è che dopo una fetta non vi sentirete morire per la pesantezza. S'è mai vista una principessa pesante? No, e allora la torta dedicata alla sua categoria non poteva di certo contenere burro d'arachidi. Quanto laboriosa è? Sicuramente la versione di Jenny Åkerström(la creatrice, si dice) sarà stata molto più elaborata. Doveva far felici ben 3 principesse, Margaretha Märtha ed Astrid, non trovava il marzapane pronto all'IKEA (scusate ma in giornate impegnative anche quello torna buono) e nel 1952 quello che era bello doveva anche essere buono. Le Prinsesstårta ottennero il consenso di tutti, il popolo aveva gli stessi gusti delle principesse e la torta espatriò anche in Finlandia. Ora questo dolce tipico è super richiesto e super venduto. E super apprezzato anche in casa mia. Questa è la mia quarta volta. E finalmente sono riuscita a fotografare e a scrivervi quanto buona sia la Torta delle Principesse. Ve la consiglio. Volete ancora sentirmi tessere le sue lodi? :) Io direi che per oggi basta così! Quando vi capitano momenti di trilli sulla nuca questa è una buona idea per accontentare l'istinto dei viaggi mentali... INGREDIENTI Per una Prinsesstårta dal diametro di circa 18-20 cm. pan di spagna: 2 uova 85 gr farina 95 gr zucchero vanilina crema pasticcera (la vostra ricetta preferita.. ne servirà una tazza) confettura di mirtilli rossi (viva l'IKEA) 250 ml di panna vegetale + 2 cucchiai di zucchero marzapane (viva l'IKEA bis) + colorante alimentare verde in polvere qb 1 rosellina (di cialda commestibile oppure createla voi con il marzapane rosa e verde) PROCEDIMENTO 1. Preparate il pan di spagna: montate con la frusta elettrica, a bagnomaria, lo zucchero, la vanilina e le uova(a temperatura ambiente). Togliete dalla postazione quando il composto sarà molto molto gonfio e chiaro. Continuate a frustare per qualche secondo anche fuori dalla bagnomaria. Aggiungete la farina setacciata un po' alla volta, mescolando con una spatola dal basso verso l'alto. Esaurite la farina, versate nello stampo a cerniera che avrete ricoperto di carta forno ed infornate a 180°C per 25-30 min. Fate la prova stecchino. Estraete, dopo dieci minuti aprite la cerniera della teglia e lasciate raffreddare completamente. 2. A questo punto tagliate tre dischi sottili di pan di spagna, se vi riesce anche quattro. Nel frattempo preparate la crema pasticcera, la confettura di mirtilli e montate la panna fredda con lo zucchero (mettete in frigo appena lo fate). Componiamo il dolce: base pan di spagna. Spalmate la confettura di mirtilli. Coprite con un altro strato di pan di spagna. Farcite con la crema pasticcera. A questo punto se avete 4 dischi di pan di spagna mettetene un altro sopra alla pasticcera, altrimenti iniziate a fare un mucchietto abbondante di panna al centro del dolce a contatto con la pasticcera. Con una spatola iniziate a dare la forma di una cupola, per aiutarmi io mi posiziono sempre sopra al piatto di legno girevole dell'IKEA. Giusto per stare Swedish fino in fondo eh. Aggiungete panna fino a quando non otterrete un cumulo bombato. Ora appoggiatevi sopra delicatamente l'ultimo strato (il più sottile) di pan di spagna. Premete leggermente per far aderire alla panna, poi usate quella rimanente per coprire il pan di spagna ed i lati della torta: farà da "colla" per il marzapane. Usate sempre una spatola, è davvero indispensabile per questa operazione. 3. Ora il marzapane: stendete il vostro panetto di marzapane dopo averlo lavorato con del colorante alimentare verde in polvere. Mettetene poco per volta per ottenere la giusta gradazione, la torta non ha un verde accesissimo, è più un verde pastello. Srotolate il vostro marzapane sopra alla torta e decoratela al centro con una rosellina edibile. Conservate in frigo e servite almeno 5 ore dopo averla finita di preparare. Perché non vi consiglio il marzapane homemade? Per carità, se disponete di farina di mandorle a volontà allora usate quello, fatelo con albumi e pochissima acqua ed il gusto sarà più intenso. Io l'ho fatto due volte in questo modo: la prima ho speso una fortuna in farina, la seconda ho tritato le mandorle in casa per ottenerla: risultato? Una pasta granulosa e poco bella. Questa volta ho optato per il marzapane pronto dell'IKEA, incrociato per caso ed usato in questa occasione. (qui sotto una foto della penultima Prinsesstårta che ho fatto... in the making)
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Sono settimane pienezeppefull di impegni. La bilancia segna che qualche chiletto è stato addirittura perso, perché ammetto di dedicare dieci minuti a cena e dieci minuti a pranzo al cibo che ho davanti - e non fa bene, I know, ma si tiene duro ancora per un po' perché a giorni qualche impegno dovrebbe esaurire la sua portata mangiatempo. Cucinare di questi tempi è diventato un po' difficoltoso, ma la curiosità non si è fermata e il background del cervello ha continuato a macinare idee e ricette che spero di tramutare in realtà non appena possibile. Una cosa che era da tempo che non facevo era scrivere per il blog di Ilaria, che mi manca perché tra rogne renali e questa foresta di impegni settimanali costanti non è che sia più riuscita a trovarmici per una delle nostre dolci colazioni... Per cui spero di rimediare presto! Ciancio alle bande, questa ricetta segue proprio la passione di Ilaria per le fragole. E l'arrivo di una cassettina di frutti bio in casa mia. Devo fare delle ammissioni dovute per la ricetta in questione, che è di una cremosità che proprio non avete idea. Le fragole si sposano alla perfezione con l'idea del tiramisù, che viene rivisitato anche nella crema (niente albumi) e promette forchettate di piacere ad ogni boccone. Gli addetti al taglio dei frutti sono stati Daniele e Davide (il fidanzato di mia sorella), perché di tempo ne avevo poco (che novità!) e loro poltrivano inutilmente sul divano (ah-ehm, ora potete anche odiarmi, ahah!). Ma la prossima volta questo tiramisù vorrei provare a farlo con uno strato sottile di pan di spagna o dei savoiardi al posto dei Pavesini. La dose di crema tende a rendere tutto cremosissimo, tutto-tutto intendo, ma per gusto personale alla prossima replica virerò su qualcosa che tenga un po' di più la struttura. Poi vedete voi, io ho solamente esternato le mie annotazioni personali!
Detto questo vi lascio alla ricetta, perché queste giornate di pioggia hanno sempre bisogno di grandi sferzate di colore, e mi sembra proprio che le fragole facciano al caso nostro! Grazie Ilaria per avermi riaccolta nel tuo blog! Ricetta tratta dal ricettario della zia Bene (Benedetta Parodi) INGREDIENTI per 8 persone 500 gr fragole a pezzettini piccoli 4 tuorli 8 cucchiai di zucchero 500 gr mascarpone 500 ml panna fresca da montare 8 confezioni di Pavesini (o pan di spagna sottile o savoiardi) PROCEDIMENTO Montare i tuorli con lo zucchero, aggiungere il mascarpone a cucchiaiate e mescolare con il cucchiaio. Solo alla fine, se ci sono dei grumi, usare la frusta a bassa velocità per eliminarli (per brevissimo tempo). Montare la panna a parte ed incorporarla con movimenti dal basso verso l'alto. Sporcare il fondo di una teglia di vetro con poca crema, creare uno strato di Pavesini molto vicini, abbondare di crema e livellarla bene, ricoprire di fragole a pezzettini piccini. Continuare con i Pavesini e così via fino ad esaurire gli ingredienti. Mettere il tiramisù in frigo per almeno 2 ore prima di servirlo. Rendermi conto che moltissimi dei miei ricordi erano legati al cibo ed alle persone è stato un primo passo per decidere, anni fa, di aprire un blog in questo senso.
Oggi ripesco un ingrediente che mi riporta dritta ad una serata di quanto avevo -credo- 19 anni. A quantificare il tempo passato non son mai stata brava però, mettetevela via. Era una cena a casa della mia migliore amica, con altri amici da una vita. Una cena un po' diversa dal solito, ognuno portava qualcosa di cucinato e di diverso dal normale, infatti quella fu la prima volta che preparai un cous cous. La ricetta era della zia Bene ma mannaggia i pesci la salsina agrodolce di accompagnamento era davvero di una bruttezza che non avete idea, quindi mi accontentai del cous cous (le proporzioni erano cannate alla grande, tipo per 20 persone ed eravamo sì e no in 8). Martina invece portò il riso Venere (anche lei con la ricetta della Bene, perché andava forte e perché piaceva ad entrambe), ed io lo assaggiai per la prima volta. Mi piacque moltissimo, me lo ricordo ancora. Seguirono foto come se piovesse, le macchinette digitali erano ordinarie partecipanti alle serate di ritrovo. Eravamo giovani, meno spigolosi di ora e tutti belli sorridenti. Il riso Venere da quel momento me lo sono portata appresso negli anni come ingrediente d'oro per dare un twist di colore e gusto ai soliti primi della settimana. Rigorosamente da condire con il pesce, oltre ad essere bello da vedere è pure una fonte incredibile di benefici, come ha raccontato Marco Bianchi nella conferenza presso Y-40 The Deep Joy. Calcio, vitamine, minerali, senza contare tutti gli Omega 3 che derivano dal salmone. Insomma, il riso nero per me ha una marcia in più. Vi ho convinti a provarlo? Non vi dico che cromie spaziali fa sul piatto affiancato a seppioline, moscardini, salsine al prezzemolo e peperoni. Ma intanto vi lascio questa ricetta, che è il mio passepartout per le occasioni speciali o semplicemente per un pranzo take away da consumare in qualche gita fuori porta. INGREDIENTI riso Venere (io misuro mezzo bicchiere da cucina a porzione) 2 zucchine 2 carote 1 scalogno salmone basilico fresco PROCEDIMENTO Per prima cosa cuocere il salmone a vapore, ci vorranno circa 13-15 minuti. Se possibile profumate l'acqua per la cottura con salvia e alloro. Lessate il riso Venere in acqua abbondante salata per il tempo indicato sulla confezione, scolate, condite con un filo d'olio extravergine d'oliva e unitevi il salmone cotto e sfilacciato con la forchetta. In una padella antiaderente rosolate in poco olio uno scalogno tritato, poi unitevi le carote pelate a tocchetti e le zucchine lavate a tocchetti. Cuocete a fiamma vivace per una decina di minuti, salate, pepate, spezzettate il basilico ed unitelo alle verdurine. Impiattate in base al vostro gusto: riso e salmone con una dadolata separate delle verdure oppure, se volete, mescolate tutto insieme nella ciotola e servite normalmente. Il cibo dovrà essere caldo, quindi tenete tutto a bagnomaria fino al momento giusto. |
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