A due mesi dalla prevista chiusura dell’evento che ha ben poco monopolizzato i media italiani scrivo un post che sta un po’ per conclusione di quanto detto nella GUIDA AI PADIGLIONI DELL’EXPO PARTE 1 & PARTE 2 e che bisognava obbligatoriamente completare parlando del cibo vero presente all’Expo. Vi racconto un po’ com’è andata per la mia pancia. Per le foto scorrete fino in fondo! Come ben sapete io e Daniele abbiamo fatto fuori 5 Litri e mezzo di acqua in due. Faceva molto caldo, ma le colonnine di acqua gratis ci hanno salvati. Di acqua ce n’è, non si sta lì come cammelli nel deserto. Come ben sapete (aridaje) quando uno beve un sacco d’acqua la fame gli passa. E’ per questo che, a conti fatti, in quel giorno la quantità di cibo ingerito era pari ad un pranzo e mezzo. Facciamo due conti:
Capirete, dunque, che davanti ai mega ristorantoni decantati nelle guide e nei giornali io ci sia passata (come il 98% dei visitatori) facendo ciao con la mano. Parlando di vini speciali e riserve stupefacenti, vi ricordo che non mi sono ubriacata a VINITALY, come vi avevo raccontato qui. E allora? Di che cibo di Expo posso parlare? Il punto è che non avrò mangiato molto, ma ho visto abbastanza per fornirvi le informazioni che forse, se siete qui, volete avere in merito (avendo la pazienza di leggere fino in fondo). Facciamo una breve carrellata, padiglione per padiglione, in chiave tragicomica. VIETNAM: cibo non pervenuto. COREA: depliant sul cibo molto apprezzato. Presenti in loco: chips di alghe e la varietà del sushi locale, il Gimbap. LITUANIA E MALESIA: cibo non pervenuto. THAILANDIA: gli spiedini al pollo in salsa di soia caramellata. Meravigliosi!!! A prezzo contenutissimo: 2,60 Euro per 3 spiedini. Ne avremmo mangiati una camionata, ma dovevamo proseguire, il tempo era quel che era. Volevo tanto che ci fosse una postazione sforna-pad thai, ma non c’era. Volevo comprare i tagliolini al riso per farlo a casa, ma non c’erano :’( Ho trovato una confezione pronta da 6,80 Euro con tutto l’occorrente per il pad thai. Ebbene, ora mi mangio le mani perché non l’ho comprata. Se qualcuno va lo fa per me?? CINA: grandi, grandissime aspettative sul cibo. Unico padiglione a non avere personale italiano tra il personale alla cassa del ristorantino esterno (retrostante). Alle 16.30 avevamo fame. E il mio ingegnere ha scelto il menu, ha visto la parola ‘beef’ e ha comprato. Era caldissimo, eravamo stanchissimi, e ci è arrivata questa mega zuppa bollentissima, con spaghetti e manzo inside. Tutto mooolto piccante. Alla prima bacchettata (abbiamo fatto i cinesi fino in fondo) oltre ad essermi sbrodolata ben bene ho avuto problemi di colature sospette da naso e occhi. Poi mi ci sono abituata. Ma il naso ha continuato a protestare per la piccantezza! Come ‘dolce’, una pallina a testa di una pasta fritta rotolata nel sesamo, con dentro un pezzettino di frutta non identificata. Insomma, la signorina alla cassa ci ha sparato quel che voleva perché nonostante il nostro inglese non sia propriamente da bambini ha voluto rifilarci quello che lei considerava ancora ‘available’. Il resto era esaurito. Alle 16.30? Mah! Un aneddoto da padiglione cinese: mentre guardavamo perplessi la zuppa davanti a noi si è seduta a un metro di distanza una coppia di signori di Rovigo (guarda te, veneti next to veneti anche a MI!) con cui abbiamo intrattenuto un’amabile conversazione. Lei grande viaggiatrice per lavoro era avvezza al cibo cinese VERO, poiché aveva passato un bel po’ di tempo in Cina. Avrei voluto saperne di più. Ma quando il suo tè verde si era ormai raffreddato noi avevamo finito di schizzarci di brodo rossiccio e li avevamo salutati per proseguire nel giro, dopo mezzoretta di chiacchiere interessanti e dritte sui padiglioni da visitare poco dopo. ARGENTINA: c’abbiamo provato. Lì la griglia va per tutto il giorno, e nei piatti vedi di quelle porzioni di carne da far invidia anche ai vegetariani. Però non c’era posto per noi ai tavoli, e la fila alla cassa era luuunghissima. Abbiamo salutato la carne e siamo migrati verso altri cibi. POLONIA: padiglione con showcooking all’esterno. Bello! Quel che il cuoco stava preparando non aveva molto un bell’aspetto ma sarei rimasta lì a guardarne tutti i passaggi, la curiosità era tanta. Peccato per la solita carogna (la fretta). Bella anche l’idea di vendere sacchetti di mele essiccate, ho visto molta gente assiepata intorno alla cassa. FRANCIA: macarons, brioches, baguettes. Un bel banchetto vendeva le specialità francesi, a prezzi medi. Se avessi avuto fame avrei provato i macarons, ma in quel momento la mia vera meta era la colonnina dell’acqua lì vicino. ISRAELE: l’unico ad aver avuto un’idea geniale: cestini di vimini in cui riporre i cibi comprati alla cassa ed estrarli poi nell’attaccato spazio verde. Un pic nic kosher. Molto frequentato questo punto ristoro, c’avrei provato con piacere. Ps. il cestino poi si doveva rendere. OLANDA: il cuore del padiglione(che non ho capito se esiste) sono dei food trucks che creano una specie di sagra circolare. Molto belli, splendide le proposte, street food puro. SVIZZERA: insieme alla Thailandia è il padiglione con i prezzi più abbordabili. Daniele ha scelto un hot dog con carne vallese (credo si chiamasse così) con raclette(formaggio fuso al momento da una forma) e patate lesse e cipolline. Tipico piatto svizzero. Ci sarebbero stati anche i cetriolini ma lui li odia, quindi la signorina che ci ha serviti li ha omessi. Davvero molto gentile e simpatica lei. Io ed il mio frozen yogurt siamo stati felici, lì.. è stata la mia cena praticamente. Era enorme, purtroppo ne ho dovuto avanzare altrimenti sarei stata male per davvero. Bel menu, bella location, con sdrai post-magnata e vista sui balli di gruppo organizzati dal retro della Germania. Peccato per la poca frequentazione, merita di più! AUSTRIA: la polpetta di cervo a 6 Euro costava troppo. E non l’abbiamo presa. L’abbiamo vista nei piattini altrui, e 6 Euro per una polpettina così poco rilevante ci hanno un po’ rattristati, nonostante il padiglione sia uno tra i più belli visitati. Daniele: “Patry.. cosa ci vuole per fare una polpetta?”. Uova, carne macinata, pane raffermo, latte, spezie varie… in base alla polpetta. “Spesa media per fare una polpetta a casa?” Mmmm. 30 centesimi forse? “Ok. Andiamo avanti?”. E così è andata – dopo un altro sorso generoso d’acqua fresca. SLOVENIA: cibo non pervenuto. IRAN: ristorante iraniano giù dalle scale.. molto carino. Ma deserto. Del cibo non vi so dire, era sotto teca qualcosina, nello spazio espositivo. Tipo il caviale di storione, che sembrava plastica. USA: ve ne ho parlato qui, del cibo, nella sezione dedicata. Lobster rolls, cupcakes… alcune ricette sono state create da Laurel, a cui mi rifaccio spesso per la cucina americana. I costi sono altini per le porzioni proposte, parola di Moira, Filippo, Milo ed Arianna. TURCHIA: vi riporto quel che avevo scritto nel post dedicato ai suoi padiglioni: ‘Bella la postazione grande che fornisce caffè turco (a pagamento ovviamente). Bello il cibo che vedevo nei piatti di chi mangiava seduto lì :P’ QATAR: cibo non pervenuto. RUSSIA: tanto grandi e futuristiche le postazioni di showcooking all’interno ma siamo passati quando non erano in corso. Bello il pane decorato esposto. Piccino il ristorante russo, il cui nome si rifà al settore ferroviario(ora non lo ricordo)… menu nella norma dell’expo coi prezzi, ci abbiamo dato una sbirciata. INDONESIA: minuscolo il padiglione, la piattaforma del cibo offerto sembra un po’ una mensa a buffet. I cibi erano coperti da cappe di plastica e non li ho visti bene, ma un paio di tipi di spezzatino mi sembravano golosi. EATALY: ci sono finita per curiosità, per vedere i prezzi, per capire il marketing di chi vuole accalappiare il turista rigorosamente straniero, perché un italiano in genere non mangia lì. Manco a dirlo i prezzi erano abbastanza fuori di testa per le quantità offerte. Una pasta non andava sotto ai 10 Euro, anche se aveva solo aglio, olio e peperoncino (e sono sicura che dentro non ci fosse l’aglio antico del Nilo rinvenuto nella tomba di Patmoses). Filippo aveva due buoni rinvenuti non-so-dove, per cui aveva diritto a due pizze agggratis. Le abbiamo divise per sei, ed è stato uno spuntino veloce. Se avessimo dovuto pagarle avremmo sborsato 7,50 Euro per una margherita = il costo di una pizza super farcita nella mia pizzeria da asporto di fiducia, che non è Rossopomodoro :) Conclusioni All’EXPO io ci sono andata per un motivo, il cibo. Se il tema fossero state le scimmie cappuccine o le bellezze del riciclaggio non ci sarei andata (anche se forse per la seconda opzione ci avrei riflettuto). Il punto è che il cibo all’EXPO non è così dominante come uno crede. La gente (come me) ovviamente ci va anche per mangiare cibi diversi, per testare gusti non italianizzati, per scoprire e imparare nuove ricette da replicare e farsi una cultura sui vari piatti del mondo. Tutto quello che generalmente uno imparerebbe da una vita passata a viaggiare, magari con i pasti pagati (un sogno!). Quello che un normouomo con lavoro e prole non ha. E invece EXPO si incentra più sull’agricoltura. Sui prodotti del territorio, si, ma senza tante spiegazioni a riguardo. Il cibo di EXPO mi è sembrato un gran segreto che ogni Paese presente ha voluto tenere stretto, a parte forse la Corea, l’unico dei 20 padiglioni visitati (QUI e QUI) ad avermi fornito una guida cartacea sui piatti tipici coreani e sulle tecniche di cottura. Ci sto, va bene. Il motto è “feeding the planet, energy for life” (nutrire il pianeta, energia per la vita). Ma mica mi vorrete vendere che il pianeta genera e si nutre solo di agricoltura! E l’allevamento? E l’itticoltura? Non è forse alle elementari che ci insegnano l’importanza del settore primario dell’economia di un Paese? Dov’è l’importanza dell’ecosistema intero? Quello della catena della vita, anche animale? Questo mi ha un po’ deluso, si sente vero? Non so se per ragioni di rispetto per certi Paesi (come l’India – grande assente) o certe religioni, ma le mucche, le galline, i maiali, i salmoni non ci sono. No, scusate, le mucche ci sono sì, ma sono sculture dipinte! L’unico vero azzardo per quanto riguarda l’alimentazione che ESISTE (non solo le piante ci nutrono.. ok, alcuni lo fanno per scelta e altri no) l’ha fatto lo Zimbabwe, che non ho visitato, ma che ha fatto molto parlare di sé perché ha portato in Italia per la prima volta (legale) la carne di coccodrillo e quella di zebra. E si potevano mangiare, non solo guardare (vogliamo parlare del caviale iraniano sotto teca? ;) ). Avrei voluto provarli, lo giuro. Solo che nel gran girare… bè, qualche paragrafo più su vi ho raccontato com’è andata a finire, e non me ne pento. Ma magari ci torno prima della chiusura autunnale, chi lo sa, e allora spendere i 15 Euro per i CROCOBURGERS e le ZEBRA’S STEAKS potrò anche farlo. Forse sono io che ho travisato tutto, che credevo ci fosse un più ampio spettro di comprensione di quello che veramente ci nutre oltre all'agricoltura, nonostante questa sia davvero un miracolo per la nostra Terra. L’Austria è stata la più furba, si è tirata fuori dal politically correct e ha puntato sull’aria, come nutrimento primario. Lo ammetto, avrei voluto vedere più segreti svelati, perché ci tenevo a farmi un giro nel mondo tornando a casa con tante nuove ricette e cibi testati. Non ho nulla di cui pentirmi nella mia gita ad EXPO (tranne forse che per la confezione di ingredienti per il pad thai!!). E’ stata una giornata bellissima con persone ottime, ho visto tanto, ho imparato tanto, mi sono divertita e meravigliata di tutto ciò che mi passava davanti. L’internazionalità ha sempre una bella atmosfera. EXPO è un qualcosa che consiglio davvero a tutti (a patto che non abbiate problemi di schiena per la grande camminata), nonostante i prezzi un po’ elevati. Non so proprio quando ci sarà un altro EXPO qui, credo fra millemila anni se andiamo avanti di questo passo, e sono convinta del fatto che il solo mettere piede in quest’atmosfera di festa arricchisca già molto lo spirito. Lasciamo da parte le mie lagne sulle polpette di cervo e la 'tanta' agricoltura, e quelle dei politici sugli ipotetici appalti truccati. EXPO va vissuto, va mangiato, va bevuto. Io ho fatto più la prima e l’ultima, ma questo non toglie importanza al tutto. Munitevi di mappa e andate! E poi commentate qui, oppure qui o qui per completare questo grande quadro generale sulla vita all’EXPO! In caso di ritorno o andata torna sempre utile, no? With love, Patry
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Oggi è stata una giornata tipicamente autunnale, qui nel Nord-Est. Pioggia, vento, temperature abbassate e ombrelli aperti. Ho sentito il profumo della stagione che verrà, e che quando ero piccina a quest’ora era già alle porte (e sui golfini). Ora è tutto slittato più in là: il caldo, le colture, le foglie che cadono danzando in una magia di arancione e color castagna. Si rientra dalle ferie, si riprende la solita routine con l’estate ancora alta ma invivibile dal punto di vista vacanziero – causa lavoro. Si torna a puntare la sveglia al solito orario e ci si organizzano le settimane perché a Settembre inizia di nuovo quello che si era interrotto a fine maggio: la palestra. Dobbiamo recuperare la forma che avevamo guadagnato per la prova costume (non io), andata poi a scatafascio a suon di cenette estive, grigliate all’aperto, abbuffate nelle malghe e spaghettate di crostacei con il mare dietro la schiena (sì, io!). Il rientro si prospetta triste, sì.
A stecchetto, dice il calendario del colpevole. Con i burgers americani, dico io. Perché viziarsi si può, si deve, e per una sera si può fare. Quello che vi propongo è un duo incredibbbile. Erano in programma da tanto, tanto tempo. Avevo raccolto ben 16 opzioni di burgers tra cui scegliere per questa serata tra me e lui, da fare rigorosamente in vacanza. Perché il mangiare fino al non muoversi dalla sedia si poteva fare solo in ferie. NB. Per non muoversi intendo il non avere neanche la forza per il tragitto sedia-divano. Avevo trovato la ricetta perfetta per il pane. Avevo TUTTO. E la BURGERS’ NIGHT è arrivata. La foto che vedete è stata scattata in assoluta velocità, tra il componimento delle torrette e il passaggio obbligatorio in forno prima dell’ingresso nell’altro forno (le nostre fauci), quindi ovviamente lo sfondo non è puccioso, non è preparato, non è assolutamente lo sfondo delle regine dei blog. Abbiate pietà… sapete com’è, una cosa buona la si prepara e la si mangia! ;) Gli abbinamenti per i gusti dei burgers sono stati cercati tra vari gusti provati in locali dedicati e idee personali. La ricetta dei burger buns arriva da Laurel, le cui ricette sono sempre meravigliosamente americane e perfette! PER I BURGER BUNS (ricetta di Laurel Evans) Prossimamente scriverò un post a riguardo! I Burgers: n. 1, o come ti gourmetizzo il solito paninone BURGER AL MANZO, COMPOSTA DI CIPOLLE, ASIAGO, SPINACINI, POMODORI GRIGLIATI & SCRAMBLED EGGS (per 1 burger) 200 gr hamburger di sorana (macinato) e prezzemolo qb 3 fette sottili di Asiago dop 1 manciata di spinacini freschi 4 fettine di pomodori grigliati per la composta di cipolle 1 cipolla di Tropea 3 cucchiaini di zucchero di canna 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva ½ bicchiere di vino bianco secco 1 cucchiaino raso di sale COME FARE: affettare finemente le cipolle, farle appassire nell’olio per qualche minuto. Aggiungere zucchero, sale. Dopo 7 minuti di coperchio sfumare col vino bianco e lasciar evaporare aperto. Finire di cuocere per altri 5-10 minuti a coperchio chiuso. per le scrambled eggs (UK recipe) 1 uovo sale pepe 2 cucchiaini d’olio extravergine d’oliva COME FARE: ve lo dice anche Gordon Ramsey qui. Scaldare l’olio, sbattere l’uovo con sale e pepe e versarlo sulla padella antiaderente. Aspettare un minuto col fuoco medio. Azionare il mestolo di legno. Mescolare per qualche secondo, poi togliere dal fuoco. Mescolare bene. Rimettere sul fuoco qualche secondo per far rapprendere. Continuare così fino ad ottenere delle uova morbide, lucide e non troppo cotte. n. 2, o come il mondo attorno a te sarà tutto unicorni, farfalle e paradisi in cui stagnare in trance BURGER MISTO MANZO&SUINO, STRACCIATELLA DI BUFALA, MARMELLATA DI POMODORINI, BASILICO, SFOGLIA DI MELANZANA FRITTA & KETCHUP (per 1 burger) 200 gr hamburger di sorana (macinato) misto a macinato di suino e prezzemolo qb 1 cucchiaio di stracciatella di bufala 4 foglie di basilico lavate ed asciugate 1 cucchiaio di ketchup per la sfoglia di melanzana fritta 1 fetta di melanzana violetta 1 uovo sbattuto farina per fritture qb olio per friggere qb sale grosso 1 manciata COME FARE: tagliare una fetta di melanzana e metterla sotto sale grosso per 15 minuti. Lavare ed asciugare con carta assorbente. Passare nell’uovo sbattuto e poi nella farina apposita per fritture. Friggere in poco olio su entrambi i lati. Scolare, asciugare l’olio in eccesso e salare. per la marmellata di pomodorini 10 pomodorini datterini 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva 1 pizzico di sale 1 pizzico di zucchero semolato COME FARE: tagliare i pomodorini e farli cuocere per mezz’ora nell’olio, il sale e lo zucchero, con coperchio. Mescolare di tanto in tanto, il fuoco dev’essere bassissimo. Io ho scelto di non aggiungere 1 cucchiaino di mela grattugiata né due dita d’acqua. IN SINTESI: assemblare i burgers, portare pazienza un attimo ed infornarli in forno già caldo a 180°C per 2 minuti esatti. Estrarre senza scottarsi per la bramosia, piazzarsi davanti al piatto ed addentare. Un contorno di patatine fritte è la morte sua. Ma anche le melanzane fritte avanzate dal burger n.2 vanno davvero benissimo. Oserei dire anche meglio! Continuiamo il viaggio tra i padiglioni dell'EXPO 2015 a tema cibo sostenibile, energia per la vita e sostentamento per il pianeta. QUI trovate il post con i primi padiglioni che ho visitato (in totale sono 20), mentre in questo medesimo c'è la continuazione dell'episodio :) Le foto dei padiglioni le trovate at the bottom, come pure i consigli per schivare l'invasione Tecnogym!! Buona lettura! La Svizzera prometteva bene ma ci ha lasciati un po’ scontenti. Corridoi strettissimi e strusciare accanto a persone sudate come te non è così divertente, che ci volete fare. Il padiglione presenta delle sculture costruite con bottigliette di vetro: sfere, e una grande bottiglia. Le pareti laterali dei corridoi sono costellate di mattoncini quadrati rossi: accostandoci un occhio si scoprono al loro interno foto delle città Svizzere. Alle pareti però c’era dello sporco marroncino. Daniele, adorabile curioso, ci ha passato una nocca e poi mi ha guardata schifato perché l’unto gli era rimasto sulla pelle. (seguono risate sguaiate) Per fortuna che il cibo poi, di fuori, era buono. E che le cartoline date agggratis all’ingresso erano divertenti, vintage e ottime da riportare a casa ad un gruppo di ballerine amiche (storico il NICE TO MEAT YOU). Slovenia e Austria, bellissime. Bellissimi padiglioni, super consigliati. Nel primo il percorso è sensoriale: si viene introdotti alla scoperta del Paese (le introduzioni vocali mancano in tantissimi padiglioni) da una signorina slovena che invita a provare tutto. Tutto = camminata a piedi scalzi sul sale della Slovenia; sniffata per distinguere i vari tipi di miele prodotti e lì presenti; molleggiamenti sui divanetti a palla(questo non era consigliato ma è stato divertente); prova di discesa sugli sci grazie a magggica postazione e mascherina 3D. Una simpatica signora ci ha consigliato itinerari sloveni super low cost (wow!), ed è stato bello ritrovare le Grotte di Postumia ben presentate (visitate l’anno scorso!). Il cuore adesivo appiccicatoci all’ingresso sulla maglietta (citante “I feel Slovenia”) l’abbiamo portato orgogliosamente addosso fino alla fine della giornata. L’Austria ha come centro l’aria. Aria come elemento essenziale che nutre il pianeta. Il padiglione è un non padiglione. Si entra improvvisamente in una bellissima foresta austriaca (vera, con tanto di ciclamini!). Temperatura ottima, nebulizzatori, postazioni tecnologiche per scoprire i vari tipi di alberi. Lettere luminose a tema AIR tra il verde. Un ristorantino take away di cui vi parlo prossimamente. E lavagne su cui rispondere alla domanda “Cosa significa l’aria per te?”. La mia risposta la trovate pubblicata nel mio profilo Instagram Thegrowlingpatry, venite a sbirciare se siete curiosi. Uscire dal padiglione è stato strano. La bolla verde di aria e natura è stata molto bella e rilassante. L’Iran ha una struttura esterna interessante; per entrarci si passa attraverso una fitta coltre di profumi deliziosi derivanti dalle erbe aromatiche piantate nel percorso. Sono poi esposti i frutti del Paese: caviale Iraniano, datteri, noci, frutta. Tutto sotto vetro. Interessanti anche gli oggetti esposti. Molto belli. Dall’altra parte del Decumano, il dirimpettaio dell’Iran si chiama Ecuador. Impossibile entrarci, la coda (al sole) era pazzesca. Come pure quella per Giappone, Germania, Padiglione Italia. Tornando all’Ecuador, ci siamo fatti bastare la sua vista impressionante. Le pareti esterne tutte coloratissime, formate nientemeno da miliardi di perline infilate in lunghe cordicelle che lo ricoprono from the top fino ad altezza uomo. Pazzesco. Il colosso USA ci ha spiazzati. All’esterno dei giochi d’acqua mai visti prima: una fontana lineare a cascata che rilasciava le gocce in modo da formare forme (lettere, cerchi, strisce) nella caduta. Simpaticissimi ragazzi ammmmerrrecani che salutavano all’entrata, ma dentro… niente de che. Tanti tablet, poca, pochissima sostanza. La terrazza panoramica al piano superiore ha una bella vista sui tetti degli altri padiglioni. I food trucks retrostanti non li ho provati di persona ma le altre due coppie con cui eravamo all’EXPO hanno assicurato che 15 Euro per un Lobster Roll erano buttati al vento per via della porzione minuscola di panino che viene servita in realtà. Che peccato però! PS. Parte del menu USA è stato creato nientemeno che da Laurel! E’ tutto un gioco di colori bianco-blu il Turkey Pavilion, che non è il padiglione dei tacchini ma quello dei Turchi. La Maiolica crea forme molto belle. Un’esposizione di vasi di vetro decorati rende tutto molto etereo, e l’interno sarebbe anche stato mediamente interessante se non avessimo avuto tanta fretta e così tanta stanchezza addosso (ed erano solo le 5pm). Bella la postazione grande che fornisce caffè turco (a pagamento ovviamente). Bello il cibo che vedevo nei piatti di chi mangiava seduto lì :P Quasi giunti alla fine del Decumano si arriva al Qatar, che ha una forma davvero esotica, desertica, un palazzo che sembra trapiantato a Milano per via aerea. Sulla sommità una forma a mega cestino di vimini intrecciato, molto molto particolare. La scalinata che porta all’ingresso è inframezzata da una cascatella d’acqua, e i ventilatori con acqua fanno il loro dovere egregiamente. Al suo interno una breve spiegazione sui cibi tipici, un percorso carino. Arrivati alla fine si ha la possibilità di mettersi in fila per fare un tatuaggio all’henné sulla mano. Avrei dovuto aspettare più di 30 minuti, quindi ho girato i tacchi e me ne sono andata lamentandomi, affranta, col mio santo uomo che stava anche ad ascoltarmi. Sulla sinistra un altro padiglione very big: Russia. Suggestivo l’ingresso, sormontato da un altissimo soffitto a penisola che si sporge verso la camminata verso l’entrata: un grandissimo specchio da cui si saluta incrociando se stessi un bel po’ di metri più su (in versione formica). Ho apprezzato molto la piantina della Russia incastonata nel plexiglass e costruita con righe perfette di cereali diversi, cereali prodotti dalle terre lontane. E anche i contenitori con terreno della Madre Russia. Scurissimo, morbido. Particolare l’isola-bar che usa acqua dolce (con al centro ampolle altissime) e le postazioni da show cooking. Ovviamente deserte al nostro passaggio. Siamo usciti salutando l’orsetto-matrioska Mishka e la sua famiglia, mascotte russe dell’expo. Nell’angolo a Nord Est del Decumano, infine, l’Indonesia. Piccolo ma carino, con un grande rinoceronte come simbolo del Paese. Isole di legno ad altezza bacino, ripiene di spezie da prendere in mano ed annusare, sono il riflesso della vera mappa dell’Indonesia stampata per terra. Tanti gli articoli in vendita e bellissimi i ventagli decorati. Infine….l’Italia. Il padiglione era impraticabile per via della coda chilometrica che mai diminuisce, e che garantisce attese luuuunghissime. Splendida l’idea del pianoforte suonato da veri esperti, all’entrata prima di salire le scale (che non ho mai salito!). Di Italiano ho visto una carrellata dei ristoranti regionali di Eataly. Mi ha esasperata molto il prezzo del cibo proposto. Mi ha fatta ridere il leggere “SPECIAL LASAGNA! Pomodoro, ragu, fresh pasta, grana padano!”. Special si, ma traditional di più. Strafalcioni in inglese un po’ ovunque (non ci smentiamo mai noi, sgrunt!), e la margherita del Rossopomodoro a 7,50 Euro si poteva chiamare ladrocinio. E non ditemi che sono critica: il senso della giustizia ci vuole, in barba ai rincari perché-tanto-sono-stranieri-e-non-capiscono. Vogliamo parlare di Tecnogym? Ci sono postazioni con attrezzi ginnici OVUNQUE sul Decumano. Aiuto. Ho capito che quando si parla di cibo bisogna prestare attenzione a disturbi fisici come obesità, anoressia e altro, ma 6 postazioni sono troppe. Battono anche l'onnipresenza delle biciclette con i cornetti Algida. Un consiglio? Chiudete gli occhi quando li vedete. E pensate al cibo. L'esercizio fisico lo farete poi a casa il giorno dopo. E, anzi, lo farete proprio all'expo, perché camminerete come dannati. :) Nonostante queste mie ultime lamentele non c’è niente da dire: EXPO è una cosa mastodontica e non oso immaginare quanto sia stato complicato organizzare e mettere in moto una macchina del genere. Al di là dei padiglioni, incrociare la sicurezza ovunque e nessun tafferuglio, trovare i bagni ovunque e sempre puliti e sgombri di code d’attesa, i collegamenti ad EXPO ed i controlli agli ingressi, gli spazi verdi e la pulizia in giro… E’ stato bello vedere un’Italia che funziona e che si fa bella davanti al mondo. Che poi Farinetti e la sua Eataly abbiano ottenuto appalti con frode, che gli incassi siano inferiori al previsto, che la spesa sia stata davvero mostruosa, che ci fossero insetti commestibili o no, che le info siano vere o false… è un altro paio di maniche. Ma credetemi, quando si sta lì c’è solo la sorpresa negli occhi, tutto il resto scompare. EXPO 2015 è riuscitissimo, e sono certa che chi lo visita lo apprezzi molto. Basta solo prendere una cartina all'ingresso e andare dove porta il cuore - e la pancia. Fare un tuffo nella cultura del mondo è sempre bello. E io vi consiglio di farlo. Nel prossimo (e ultimo) post si parla di cibo ad EXPO, ma non proprio di quello esposto nei padiglioni.. quello per la panza tangibile ed acquistabile lì! Stay tuned again!! E, dato che ci sono.. buon Ferragosto ;) La mia assenza prolungata dal blog è giustificabile in due modi: uno, è estate ed il caldo accoppa ogni voglia di usare un pc portatile che spara caldo atroce vicino a me; due, è più bello stare fuori e girare finché si può girare. Non vogliatemene, ma l’estate 2015 sarà molto irregolare in fatto di post. Non sono la tipica blogger che sforna ricettine meravigliose anche quando fuori c’è l’inferno e ogni tipo di calore casalingo viene abolito, I’m sorry ;) Magari la prossima estate.. ma questa va un po’ così, a meno che non abbiate richieste particolari di ricette! Intanto però mettetevi comodi perché ne sono in arrivo tre -di post- a tema EXPO. Voglio raccontarvi l’evento che sta facendo parlare più della politica in fatto di critiche, elogi, dati. Anche perché avrei voluto che qualcuno mi avesse fornito più informazioni personali prima di recarmici, proprio due giorni fa. L’11 Agosto 2015. E allora lo faccio io per voi, sperando possa tornarvi utile o almeno farvi ridere un poco. Ultimo appunto prima dell’inizio: i post si dividono in 3 causa valanga di cose che devo dire, cosa ho percepito e capito io senza pregiudizi o guide stampate. Due saranno sui padiglioni e le loro particolarità (ne ho visitati ben 20) e l’altro sul cibo. Le foto sono come sono, lo so, ma era importante vedere con gli occhi, not only with the camera. Se passate il cursore sopra le foto ci sono le didascalie, just to let you know. Se avete domande sapete come contattarmi: commentate :) Bene, let’s start! Il viaggio è iniziato alle ore 6.59 am, in auto, guidatore lui e passeggera logorroica io, entrambi con gli occhi ancora assonnati e le pieghe delle lenzuola sulle guance. Dal mio paesino a Milano ci vogliono circa 2 ore e 30 di strada, una quindicina di euro per l’autostrada, e una fermata all’Autogrill per aspirare odore di caffè e brioches. Siamo arrivati al parcheggio in SS. Sempione (Parcheggi Fiera) alle 9.35 am (booked & paid la sera prima QUI con tariffa 12,50 Euro – se non conoscete park liberi a MI prenotate, ve lo consiglio) e ci siamo messi in coda per entrarci; poi dopo lo sgranchimento di arti indolenziti abbiamo preso la navetta gratuita e siamo arrivati davanti ai cancelli dell’Expo. Non c’era bisogno di cartine fin lì. Bastava seguire la folla. Ed era tanta davvero. 15 minuti di coda e un passaggio sotto al metal detector e poi via, dentro. Fine dell’esposizione dei QRCodes! (e sul biglietto, e sul parking ticket..ebbbasta su!) Dall’entrata per cui siamo passati si sale su scale mobili, si fa un ponte d’acciaio coperto lunghissimissimo(e al ritorno è estenuante, garantito) e si entra. Uomini in divisa controllano i volti, sotto a divise grosse e sole cocente. La postazione per acquistare il Passaporto Expo (5 Euro) in cui rifornirsi del libretto per farsi fare i timbri da ogni padiglione visitato. E improvvisamente ci si trova sotto al Decumano. 1,5 km di lunghezza e di padiglioni stranieri, intersecato dal Cardo, altro grande viale ma tutto a tema Italia. E davanti, intorno, dietro, all’orizzonte: solo teste. E sorrisi, stupore, meraviglia, colori e dita puntate su strutture futuristiche e armoniche. Si comincia. Il nostro primo padiglione è quello del Vietnam, sulla destra. Piccolo, dal forte profumo di legno. Oggetti musicali, servizi da tavola, materiali quasi mistici. Un piccolo palco con strumenti musicali strani. Il secondo, la Corea, sulla sinistra, a forma di Vaso Luna, ceramica tradizionale coreana usata per la fermentazione dei cibi; l’unico che ci fornisce depliant sul cibo locale e pure una mega piantina turistica della Corea. Una scalinata bianchissima e, sulla parete destra tantissime scritte metalliche che rispondono alla domanda: “Qual è il tuo piatto preferito?” Il Korean Pavilion è stato studiato molto bene e la relazione cibo-fame nel mondo è centrata in pieno. Il più chiaro tra tutti i padiglioni visti. Si parla di obesità, di cosa si dovrebbe mangiare e cosa no. Giochi di robot-schermi spiegano il valore del cibo in maniera quasi ipnotica. Si spiega il metodo della fermentazione, tecnica tradizionale. La parte che scuote di più le coscienze è un angolino bianco, con al centro un albero spoglio, anch’esso bianco. Legacci nero pece partono dal muro e avvolgono i suoi rami. Ai suoi piedi, l’ologramma di un bambino magrissimo, calvo, accucciato, che guarda una volta il terreno, l’altra il pubblico. Toccante e vero. Il nostro viaggio tra i Paesi continua a zigzag, e percorriamo il Decumano come minimo un milione di volte. Ma andiamo con ordine per voi altrimenti vi viene mal di piedi anche solo a leggere. La Lituania non ci offre molto da ricordare. Piccolo, con un percorso interattivo su tablet da usare per indovinare domande come “Qual è lo sport più famoso della Lituania?”. Digerito male l’abbiamo. Bielorussia e Malesia costituiscono una visita veloce se si ha poco tempo. Noi ne avevamo molto poco, contando che il nostro biglietto comprendeva 1 solo giorno di visita (appunto: se ne avete la possibilità, fatevi 2 giorni all'expo; preferibilmente lunedì e martedì). Avendo avuto più tempo forse la memoria di questi padiglioni sarebbe stata più chiara. La Bielorussia non mostra molto di sé, la Malesia invece ha tutto un percorso tra alberi (finti, peccato), acqua, e comprensione dell'importanza della gomma e dell'olio di palma (qui il mio naso era arricciatissimo, lo sapete bene che mi sta proprio sullo stomaco), prodotti locali storici. Per il padiglione della Thailandia abbiamo atteso 20 minuti su una passerella elevata, coperta (grazie al cielo!) e dotata di nebulizzatori. La fontana con i dragoni dorati sulla destra e una coltivazione di riso thai sulla sinistra. E una ragazza molto truccata e molto gentile che ci aggiornava sul time left to go in e univa le mani ad altezza collo se qualcuno chiedeva di fare una foto con lei. Il Thai Pavilion è stato uno fra i più belli ed interessanti, a parte forse il filmato finale che elogiava un po’ troppo il re. Tutti quelli che sono usciti da quella sala con noi erano un po’ perplessi per quanto fosse stata calcata la mano sull’impegno e sulla devozione del loro re. Ma dopotutto si può anche capire. Il fascino di questa cultura comunque resta indiscusso, come pure quello del suo cibo e del trattamento riservato ad una terra così millenaria. Ma ve ne parlo nel post sul cibo, come promesso! Next step, la Cina. Da fuori, uno spettacolo. Una distesa di fiori gialli arriva fino alla sua struttura imponente e ondulata. 30 minuti di coda per entrarci, perché l’italiano medio è sempre più attratto dall’Oriente. E s’accalca alla grande. Il soffitto è pieno di ombrelli cinesi decorati. Ci sono stoviglie cinesi un po’ ovunque, la storia dell’agricoltura, tablet che ti fanno fare la spesa che non ho ben capito, ecco. Si passa accanto a foreste di pali marroncini, e poi salendo una gradinata di capisce. Buona parte del padiglione è fittissima di pali (non ci si può avventurare), la cui sommità sono neon che cambiano colore in contemporanea. Un inno al connubio tradizione-innovazione. Che ho capito ascoltando di soppiatto una guida accanto a me, altrimenti ciao a tutti, uno non ci sarebbe arrivato di certo. Cibo: nel prossimoprossimo episodio! Valutazione complessiva: mi aspettavo di più. Un vero peccato avere delle aspettative troppo grandi, a volte… Parliamo ora della Polonia. Una sorpresa, la Polonia! Molto interessante il fatto che le pareti esterne siano ricoperte di cassette di legno incastrate. E che ci sia uno chef (con traduttore) che fa show cooking. Fuori si vendono mele essiccate, il giorno prima si regalavano mele(e lo so grazie a Filippo e Moira, nostri compagni di Expo insieme a Milo ed Arianna). All’interno sono sottolineati i punti di forza del Paese. Un villaggio di cioccolato con trenino incanta i visitatori, e delle ragazze gentili compongono tisane su richiesta degli ospiti (gratuitamente). Ampia vendita di prodotti tipici e anche d’oreficeria. La mia tisana è stata composta con menta e boccioli di pino. Quando la provo vi dico com’è! Un salto in Francia era doveroso. Uno dei padiglioni esteticamente più belli al suo interno. Aperto su quasi tutti i lati, formato da assi di legno piegate ad onde strette. [e giù di congetture tra ingegneri sul come-è-fatto] Vani del soffitto (tutti) riempiti di contenitori per ogni sorta di materiale: pasta, riso, liquidi. Pentole che penzolano ordinate. E tantissime altre cose. Si cammina col naso all’insù… La sua bellezza sta tutta nel soffitto però, perché a livello terra le cose interessanti sono forse solo i filmati delle baguettes (yahuu ora so come impastarle!) e il cibo da acquistare. Segue Israele, altro Pavilion molto molto interessante perché spiega moltissime cose sconosciute ai più. Ma voi lo sapevate che i pomodorini ciliegini li hanno ‘inventati’ gli Israeliani? Non vado a svelarvi altro, per saperne di più dovrete sorbirvi Moran Atias, ambasciatrice della sua terra, che parla in ben 3 filmati (compresa l’intro) e che flirta dal video con il presentatore (umano) che vi accoglierà. Nonostante lo stile ‘coccolo’ del tutto le nozioni meritano di essere davvero conosciute. E Moran si può perdonare dai! :D Vinitaly è dedicato ai vini italiani. Ma se non compri il bicchiere per fare gli assaggi puoi solo guardare una miriade di bottiglie d’annata esposte in corridoi davvero tanto tecnologici e asettici, nei quali si aggirano sommelier in gran pompa pronti ad estrarre la bottiglia dalla parete ed elencarti le meraviglie dell’uva fermentata. Noi abbiamo scelto di non ubriacarci (dai, si fa per dire) e di evitare, non essendo grandi conoscitori del vino (pregiato e non). E non è che al momento ce ne dispiaccia, eh. Solo, quel giorno ci sono bastati i 5 litri e mezzo di acqua che ci siamo fatti fuori. In due. Ma sempre 5,5 L erano. Il vino era decisamente superfluo! Per ora mi fermo qui, che il racconto diventa troppo lungo :) Domani il prossimo post sui padiglioni, stay tuned! Che di cose da dirvi ne ho eccome! |
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