Mi era avanzata della pasta phillo. Vi ricordate i Tiropites? Proprio da lì insomma. E cosa faccio, cosa non faccio… alla fine il senso della Primavera/Estate ha prevalso e ho abbozzato una ricetta inventata da zero con quel che avevo. Un successone! Che poi a descriverveli così sembra che da me ci siano i tropici.. e invece se guardo fuori dalla finestra vedo una colombella che deve pur avere qualche problema perché se ne sta fuori sotto a una pioggia colossale, appollaiata su un filo elettrico. Ma questi cestini li ho fatti quando ancora mi illudevo che il bel tempo fosse arrivato per rimanere... sob. Va bene, prima o poi arriverà il momento di archiviare la lana... Torniamo a noi!
Trattasi di semplicissimi cestini monoporzione che per me hanno avuto lo scopo di presentare un’insalatina speciale di accompagnamento. Il punto è che sono davvero facilissimi. Si possono preparare con uno o due giorni d’anticipo e poi farcire con qualcosa di creativo: io ci ho messo l’insalatina, ma ciò non toglie che possiate usarli per la Quinoa, per una porzione di Labneh, e forse anche per un risotto leggero. Sbizzarritevi come ho fatto io! E proponeteli ai vostri ospiti in alternativa alla solita mega-ciotola di insalata vagante tra i commensali ;) INGREDIENTI 1 rotolo di pasta phillo scongelata 1 busta di insalata mista + valeriana 1 cestino di pomodorini 3 manciate di mandorle a lamelle 2 cucchiai di zucchero sale rosa dell’Himalaya maggiorana secca origano timo olio extravergine d’oliva aceto balsamico di Modena IGP PROCEDIMENTO Per i cestini di pasta phillo dividete il vostro rotolo di pasta in 5-6 quadrati. Capovolgete una teglia da muffin (con i vani per le tortine all’insù) e oliate tutto leggermente con un pennello. Adagiate su ogni retro-di-muffin un quadrato di pasta phillo(composto da più fogli) e spennellate il foglio che resta per ultimo. Spolverizzate con maggiorana, timo, origano. Infornate a 180°C per 15 minuti fino a che non saranno ben dorati. Fate raffreddare. Per il ripieno: condite l’insalatina mista con poco olio, il sale. In una teglia antiaderente posizionate i pomodorini tagliati a pezzetti non troppo piccoli, spolverizzate di zucchero, sale, e condite con poco olio. Fateli cuocere a fuoco vivace per 5-10 minuti, dovranno caramellare. A metà cottura aggiungete le lamelle di mandorla; mescolate spesso. Assemblate i vostri cestini. Riempiteli di insalatina, decorate con i pomodorini e le mandorle. Infine condite con dell’aceto balsamico molto denso. Servite!
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E’ da qualche anno che alle feste ‘comandate’ il fatto di portare a tavola solo dolci confezionati mi brucia un po’. Forse perché la mia famiglia non è abituata a pranzare/cenare fuori a Pasqua e a Natale(le poche volte che l'abbiamo fatto non riuscivamo più a stare nei vestiti tanto abbiamo magnato), ma l’idea di un pasto preparato da zero con tanto amore, condiviso con parenti e poi concluso con una confezione da aprire mi turba un po’. Sono cretina io, può essere, ma presentare qualcosa di homemade accanto alla benedetta confezione mi sembra qualcosa di più carino. Anche se, lo so, costa fatica in più. Siamo ormai a Pasqua, manca davvero davvero poco, ed io ho sempre amato questa festività ed il giorno della Pasquetta perché vuoi le temperature miti (dovrebbero esserlo se questo tempaccio se ne va…), vuoi il sole, le scampagnate, il buon cibo, i pic nic… Adoro i pic nic. A Pasquetta quand’ero bambina andavo sempre con cugini e parenti sulle rive del fiume locale, come tantissimi altri che lo facevano per tradizione come noi, a mangiare “ovi duri e soppressa” (uova sode e soppressa appunto), giocare a carte, passeggiare tra i ciottoli e cercare piccoli fossili incastrati nei secoli e nei sassi (quanti ne ho trovati, che bellezza), leggere Topolino. Sempre munita di cappellino, t-shirt colorata e felpa legata in vita. La mia parte preferita, oltre alla gita vera e propria, era la fase artistica prima della partenza. La nonna cuoceva tutte le uova e poi appena raffreddate dava in mano a me e mia sorella pennelli e tempere per decorarli. Occhi, cuori, fiori, onde, persino una partita a tris: cose semplici, coloratissime, che chissà perché rendevano più buone le uova sode nella mia spensierata gioia pasquale. Il giorno di Pasqua era di poco più serio. Pranzo a casa, scambio delle uova di cioccolato, la smania della sorpresa, la Messa, il giro dei parenti per gli auguri. E il dolce confezionato. Ma quest’anno a Pasqua frego tutti. Porterò in tavola questa torta, la Torta alle Carote del Bianconiglio, oppure l’Agnello (a brevissimo il post!!!), devo scegliere. E vi invito a fare lo stesso :) Non lasciate che la pigrizia vi prenda… bake something, c’mon! La mia torta alle carote potrebbe essere un’idea: un impasto carotosissimo insaporito dalle mandorle, guarnito di crema al formaggio spalmabile. E decorato con il marzapane. Vade retro pasta di zucchero! Perché non prendete i vostri bambini, nipotini, cuginetti e non vi mettete a creare qualcosa insieme? Che se piove a Pasqua e a Pasquetta almeno se non saranno uova colorate ci penserà la torta a rallegrare la tavola! Vi lascio la ricetta, questa torta alle carote è la mia preferita! *** NB. Io ho usato uno stampo davvero piccolo perché volevo un effetto più “contenuto” ed alto. Usando un normale stampo a cerniera per torte il dolce cuocerà in 30-35 minuti e sarà perfetto. Di solito uso anche io lo stampo normale e lascio la torta senza guarnizione: ma è Pasqua, e stavolta ci stava tutta!! INGREDIENTI per la torta insegnatami da Sara Papa 200 gr carote 150 gr mandorle pelate 100 gr burro 150+90 gr zucchero 4 uova lievito per dolci sale per la guarnizione MARZAPANE: 150 gr farina di mandorle, 100 gr zucchero, 1 albume di uovo piccolo, essenza di mandorla, colorante alimentare verde in polvere 200 gr formaggio spalmabile 200 gr panna fresca da montare caramelle gelée arancioni un cucchiaino di cocco rapé 2 decorazioni rosa (le mie erano di zucchero, a cuoricino) cioccolato fondente da grattugiare PROCEDIMENTO Per prima cosa tritate finemente nel mixer le mandorle: prima di farlo aggiungete due cucchiai di zucchero semolato altrimenti l’olio contenuto nelle mandorle produrrà una pasta inutilizzabile. Grattugiate le carote dopo averle pelate, lavate e asciugate bene(così non anneriranno). Tenete da parte. Dividete ora i tuorli dagli albumi. Tenete i tuorli da parte e montate a neve ferma gli albumi con 90 gr di zucchero e un pizzico di sale. Mettete in frigo la ciotola. Montate con le fruste il burro ammorbidito con i 150 gr di zucchero. Aggiungete uno alla volta i tuorli tenuti da parte. Passate ora ad usare una spatola e incorporate le carote grattugiate. Poi unite la farina di mandorle, infine la farina con il lievito. Unite per ultimi gli albumi e mescolate delicatamente dal basso verso l’alto. Versate l’impasto in una teglia ben imburrata e infarinata e infornate a 180°C per 45-55 minuti se lo stampo è piccolo come il mio, oppure leggete qui *** (vedi su). Fate ben raffreddare la torta ed estraetela dallo stampo. Tagliatela a metà in due dischi e preparate la farcitura: montate con le fruste il formaggio spalmabile e la panna fino a che non si sarà formata una crema salda. Spalmate sul primo disco, coprite con il secondo, livellate e coprite anche tutta la superficie esterna. Per le decorazioni: Fate il MARZAPANE (risparmiate sul comprarlo, garantito): in una ciotola mettete la farina di mandorle, l’essenza, lo zucchero. Mescolate bene. Unite un bianco d’uovo sbattuto con una forchetta. Iniziate ad amalgamare bene e poi usate la mano per impastare. Se è troppo umido aggiungete farina. Quando avrà raggiunto la consistenza di una pasta malleabile dividete il composto: 1/3 dovrà essere lasciato di colore naturale. Per il restante: aggiungete una punta di coltello di colorante in polvere ed impastate fino a che il vostro panetto non sarà omogeneo. Misurate la circonferenza della torta. Stendete con un mattarello il vostro marzapane (su carta forno leggermente infarinata) e ritagliate con un coltello un motivo d’erba regolare sufficiente. Usate ora le vostre fasce d’erba per decorare i bordi della torta. Per fare il coniglietto dividete la pasta di marzapane neutra. Con una pallina piccola e passata nel cocco rapé farete la coda; una palla un po’ più grande ma dal fondo piatto sarà il sederino. Altri due pezzetti uguali serviranno per essere modellati a vostro piacere per formare le zampe (nel dettaglio vedete le mie). Formate i polpastrelli del bunny con i cuoricini a rovescio, fatti aderire con pochissimo albume (quello rimasto nella ciotola prima di essere unito alla farina… una puntina insomma). La codina fermatela con un pezzettino di stuzzicadente per evitare cadute funeste. Prima di posizionare il vostro bunny create una ‘coroncina’ di cioccolato grattugiato per imitare la terra del buco creato. Adagiate ora il vostro super bunny! Infine aggiungete due caramelle gélees arancioni ritagliate a dovere e decorate con altro marzapane verde per fare le carote. Ps. Salutate le mie splendide orchidee in secondo piano! :D L'ennesima rata di influenza stagionale mi tiene allegramente (si fa per dire) compagnia qui a letto, ma ho deciso di interrompere per qualche minuto l'amabile conversazione coi miei sintomi cretini e postare un articolo che vi avevo anticipato QUI (e anche in Facebook) - un articolo proveniente direttamente da BERLINO, dove sta vivendo la mia amica Alice, la Bionda, sempre adorabile e disponibile. Eccovi quindi la prima parte di un reportage basato sul CIBO nella capitale di Cermania (no, non è un orrore ortografico :P ), sugli usi e costumi e sui falsi miti... che un'italiana ha sfatato! Il primo indizio sta nella foto qui sopra! So, buona lettura a tutti voi e grazie ancora alla mia Alice in BerlinLand: mi manchi tanto cara! - - - - - - Partiamo da una consapevolezza che vorrei trasmettere a chi non ha mai avuto la fortuna di stare a Berlino almeno per un po’: parlare di cucina tedesca e parlare di cucina berlinese non è la stessa cosa. Il cliché vuole che se uno nomina la cucina tedesca si pensa subito a crauti, wurstel, in un contorno di patate e birra a non finire. E una smorfia di disgusto. In effetti luoghi comuni come questo non nascono dal nulla. La vasta scelta di “Wurst” che si trova nei supermercati è imbarazzante, e la birra per certe persone poco abili ai fornelli finisce per sostituire la cena. Ma non c’è solo questo. E soprattutto questo tipo di cucina non rappresenta la tradizione culinaria della città in cui mi trovo in questo momento, Berlino, appunto. Berlino, si sa, oggi è casa di tutto il mondo, accanto ai numerosissimi turchi in città convivono persone da veramente ogni parte del mondo. Risultato? Non solo i turchi con i loro döner kebab, falafel e dürum popolano le strade della città, ma più si ispeziona la città e più si possono incontrare ristorantini vietnamiti, giapponesi, messicani, cinesi, balcanici, spagnoli, indiani, greci, croati, austriaci ho provato perfino un bistro sudanese. I ristoranti e le pizzerie italiane? Beh, ce ne sono ovunque! Ogni tanto sbuca qualche ristorante con piatti della tradizione tedesca. Ma ciò che fa tendenza al momento è la vasta offerta rivolta a vegetariani e vegani. Continuo a chiedermi da dove nasca sta moda, in un paese amante della carne come la Germania. Ma veniamo a noi. Oggi faccio un incursione in questo blog su invito di Patrizia, che ringrazio, e che vi invito a seguire numerosi perché le sue ricette sono sempre favolose e non solo in foto, lo posso assicurare (piccolo momento promozionale ;) ). Voglio parlarvi di alcuni posticini carini carini o curiosi curiosi, in ogni caso golosi golosi, che ho sperimentato qui a Berlino e che consiglio a chiunque abbia la fortuna di passare per la big city. Partiamo dalla categoria caffetteria e pasticceria. Non lontano dal mio appartamento, in un angolo particolarmente affascinante di Moabit, affacciata sul fiume, sorge fin dal 1852 (ripeto, 1852!!) la pasticceria Buchwald. Carta da parati giallina, e un arredamento in stile primi del Novecento e frequentatori imborghesiti. Qui da quattro generazioni viene tramandata la ricetta della Baumkuchen (letteralmente, la “torta albero”), la specialità della casa che viene prodotta solo qui e i proprietari si vantano di esportare in ben quattro continenti (quindi praticamente ovunque). Trattasi di un impasto speciale a base di marzapane, da cui vengono ricavati tanti strati sottilissimi ricoperti da spezie, e cui viene data una forma particolare, che dovrebbe ricordare il tronco di un albero (decidete voi se è vero, qui la foto). La versione più golosa è quella in cui il “tronco” viene completamente ricoperto di cioccolata, e, come chi mi conosce poteva immaginare, è proprio quello che ho provato! La mia fetta di Baumkuchen era in versione fetta di torta e la cameriera sosteneva fossero ben 25 strati! Cambiamo velocemente categoria e proiettiamoci nella sezione Kebab. Se vai a Berlino e non ti sei senti irrimediabilmente attratto/a dai kebab, beh, forse dovrai trovare un modo diverso e più costoso per sopravvivere alla domenica sera, quando nessuno, ma proprio nessuno ha voglia di cucinare. La cosa bella dei kebab a Berlino è che costano poco, sono buoni e costituiscono un pasto completo e abbondante! E bravi i nostri turchi! La cosa curiosa è che qui si possono trovare anche i kebab vegetariani, il che ad alcuni può sembrare un ossimoro, e in effetti un po’ lo è, ma ciò che conta è che si raggiungono certi livelli di qualità da capogiro! Il mio kebabbaro di fiducia, anche questo vicino casa, si dà il caso che sia considerato tra i migliori di Berlino, e si chiama, con poca fantasia, Gemüse Kebab (letteralmente “verdure kebab”) - la foto è a fondo pagina. Qui con tre euro si può ordinare un “vegetarisches Dürum”: dopo aver scelto la salsa, viene aggiunto un mix di verdure cotte alla griglia davvero fenomenali, tra cui peperoni, patate, zucchine più formaggio morbido sbriciolato, una strizzata di limone, e altra verdura fredda, lattuga, cipolla, cavolo, pomodori. Il tutto avvolto in un impasto tipo piadina morbidissimo cotto al momento. Questo piatto, nella sua semplicità, è una delizia. E per finire la mia personalissima lista di luoghi dove commettere peccati di gola, non posso non nominare almeno un posto che rispecchi la cucina tedesca. E così vi porto virtualmente a Gendarmenmarkt, una piazza davvero affascinante e dal gusto classico. All’angolo con Charlottestrasse sorge una birreria in stile tettesco tettesco alla bavarese, con tanto di cameriere in abiti tradizionali bavaresi. Qui si mangia un classico, lo stinco di maiale con crauti(foto in alto), accompagnato da una birra che, come si suol dire, “si lascia bere molto bene”. Naturalmente ci sono tantissimi altri piatti tutti bavaresissimi tra cui scegliere e per farsi un’idea delle porzioni basta osservare i piatti che attraverso le sale di continuo. Cari italiani, sappiate che se i camerieri qui fanno particolarmente i simpatici e gli estroversi, c’è un motivo non tanto nascosto. Vogliono la mancia, e te lo fanno capire, che tu sappia il tedesco o no. Decisamente un posto da provare per chi a Berlino vuole cibarsi di buon cibo bavarese. Questi sono solo tre posti che rimarranno nel mio cuore e nei miei ricordi, e che vi consiglio di provare. Rappresentano tre aspetti fondamentali della Berlino odierna: il caffè accompagnato dalla fetta di dolce, che qui va moltissimo (pensate che si può bere caffè anche in lavanderia, in libreria, in chiesa, praticamente ovunque!), la tradizione turca degli oltre 600 chioschi di kebab e la tradizione culinaria tedesca a base di carne e patate. Ma proprio perché Berlino è casa del mondo intero e si può trovare di tutto, dovrò assolutamente parlarvi nel prossimo post delle cucine etniche che ho avuto il piacere di sperimentare, perché qui c'è sempre un modo per sorprendersi e sempre qualcosa di nuovo da scoprire! E il bello è che il portafoglio ne risente sì, ma non così tanto! Quindi, alla prossima con tre ristorantini etnici in cui mangiare (bene) con meno di 6 euro! Stay tuned for more fancy dishes! Alice Riferimenti: - Konditorei Buchwald, Bartningallee 29, 10557 Berlin http://www.konditorei-buchwald.de/ - Favorit Gemüse Kebab, Turmstraße 41, 10551 Berlin http://www.redesign.mobi/ezmailr/?site=gemuese-kebab-moabit - Augustiner am Gendarmenmarkt, Charlottenstraße 55, 10117 Berlin http://www.augustiner-braeu-berlin.de/ La cosa più bizzarra degli onomastici è che non ho mai ben capito se a San Giulio festeggia anche chi si chiama Giulia e viceversa. Fatto sta che a me il 17 Marzo gli auguri son sempre arrivati, anche se qui al Nord l’onomastico non è una cosa che si segna in agenda, mentre so che in altre parti d’Italia viene preso più seriamente. Anyway! Oggi è proprio il 17 Marzo e una buona parte di mondo si è tinto di verde, perché si festeggia il St. Patrick’s Day, festa nazionale in Irlanda e pure in altre città, come Chicago per esempio, dove San Patrizio è proprio il patrono e persino i fiumi oggi vengono colorati di verde. Useranno colorante alimentare? Boh! La ricetta che vi propongo sta perfettamente in tema Ireland, non perché sia verde ma perché è una tradizionale ricetta Irish la cui facilità è davvero disarmante. Quanti di voi hanno sempre voluto fare il pane in casa ma hanno sempre avuto un rapporto disastroso col lievito e la sua lavorazione? Ebbene questo pane non ha lievito e non ha neppure tempo di lievitazione. Magia? No, si chiama semplicemente Soda Bread! Lo provai la prima volta in una versione molto più elaborata ma ghiottissima, ma stavolta I’m going back to origins, to tradition, perché il pane che si prepara in 5 minuti senza sporcarsi le mani e con soli 5 ingredienti bè, merita davvero!
In Irlanda o comunque nei Paesi anglofoni viene servito con burro spalmabile e accompagnato con qualsiasi cosa, a patto che sia buona quanto lui. Per stavolta vi consiglio una bellissima canzone da ascoltare in the making: “Il Cielo d’Irlanda” di Fiorella Mannoia! Sta in tema perfetto e supporta in pieno la mia teoria: musica in cucina means relax assoluto! Buon St. Patrick’s Day allora, e che il Soda Bread sia con voi!! Nota: in Irlanda viene spesso proposto con uvetta inside. La prossima volta lo provo anche io, magari variando tipologia di farina. INGREDIENTI 520 gr farina 1 cucchiaino di zucchero 1 cucchiaino di bicarbonato 1 cucchiaino di sale 450-480 ml latticello (400 gr yogurt bianco + 50/80 ml di latte > lasciato riposare 15 min.) PROCEDIMENTO (durata? 5 minuti spaccati) In una ciotola unire tutti gli ingredienti secchi e disporli a fontana formando una cavità al centro. Versare il latticello al centro e mescolare con un cucchiaio di legno fino a quando non diventa un impasto un po’ appiccicoso e morbido. Non mescolate troppo e non impastatelo troppo, altrimenti uscirà molto duro. Versate ora l’impasto su una placca foderata di carta forno e premetelo gentilmente per dargli una forma rotonda con uno spessore di 5 cm. Incidete una croce con un coltello. Infornate in forno già caldo a 220°C per 15 minuti, poi abbassate a 200°C e proseguite per altri 30-35 minuti. Sfornate e lasciate raffreddare. Servite accompagnato da burro. |
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