edizione 2015In principio c’era la peste. E una promessa. E dalle promesse si inizia sempre a costruire qualcosa. Per Venezia è stata la Chiesa del Redentore. La Venezia del 1577 era appena uscita da un’epidemia pestilenziale che aveva colpito più di un terzo della popolazione, e si apprestava a rendere grazie con una festa proprio di fronte al Redentore, nel canale della Giudecca, agli occhi della grande costruzione progettata da Andrea Palladio. I guaritori deponevano le loro maschere dal becco adunco (quelle che ora trovate in tutte le bancarelle a VE e che allora servivano come protezione e disinfezione dagli appestati grazie ad erbe poste nell’incavo del naso), pregavano e rendevano grazie insieme ai graziati, agli orfani di madre e padre, alle famiglie spezzate ma ancora in piedi dopo tutta quella coltre buia di sofferenza e morte. Si rendeva grazie alla grazia ricevuta e alla città stessa, e solo i Veneziani potevano costruire un ponte di barche (per la precisione 80 galee) per camminare sull’acqua ed andare a pregare nella chiesa del Palladio. Ora il ponte è di legno e acciaio, viene costruito venerdì notte e smantellato domenica notte, ma 333 metri di ponte dalla Giudecca alle Zattere sono il simbolo di tante, tante, tantissime cose. Si va al Redentore, si va a ringraziare, si va a festeggiare. Oggi il Redentore è la festa più famosa di Venezia assieme al Carnevale, ma tutti i turisti che si riversano nella città sull’acqua in questa particolare occasione difficilmente ne conoscono il significato. Come lo so? Bè, a 10 minuti dall’inizio dei fuochi una coppia di sudamericani mi ha chiesto per quale motivo si stesse festeggiando. Alla mia spiegazione è seguita una faccia perplessa. La donna ha domandato: “And.. is it only fireworks like this?” (TRAD: E.. sono solo fuochi artificiali come questi?) Al mio sì di risposta hanno ringraziato, hanno riposto il bastone per selfie (!!!) e se ne sono andati facendosi largo tra la folla. La folla, ecco. Il Redentore è la festa più affollata di tutto l’anno. E ne sono certa al 100%. Le fondamenta sottomarine millenarie soffrono di stress, se uno tende l’orecchio sente pure gli scricchiolii. Ma è proprio questo il bello della terza domenica di Luglio: tutta questa gente che prende e va, che si accampa quasi come si fa in spiaggia e aspetta per ore e ore l’inizio dei fuochi d’artificio, i ‘foghi’. Ci sono quelli che rispettano la tradizione veneziana pura e cenano con tanto di tavolo e sedie(della cucina) in riva alla laguna con piatti veneziani, e ci sono quelli più fortunati che affollano i canali nelle gondole, nei barchini o nelle barcone (a voi delle prime due categorie: che poi dove l’avete fatta la pipì? E’ questo il mio dubbio). Ed è tutta una lanterna colorata, la laguna. Poi si guarda l’orologio, di tanto in tanto, perché il caldo diciamocelo era infernale. Cottura in forno statico a 180°C per 6 ore, e giuro che facevamo un baffo anche al Boeuf Bourguignon di Julia Child. Ma per il 438esimo Redentore si fa, eccome se si fa. E infine all’improvviso arriva l’ora X (le 23.30), tutti iniziano a raccattare asciugamani, bottiglie, ventagli, vestiti (non so quanto il Doge potesse essere felice per donne in reggiseno e uomini a torso nudo!) e si mettono in piedi col naso all’insù. Daniele brontola, lui voleva vederseli da disteso i fuochi, ma lì sul Molo erano tutte gambe di fenicotteri e fotocamere, ormai; stessa cosa nell’attigua Piazza San Marco, idem sul Ponte dei Sospiri affollatissimo (ehi voi! Ho sentito cric croc crac lì sotto! :P). Un turista tedesco inciampa sul suo piede e capiamo che il momento è arrivato e che il posticino che abbiamo strenuamente difeso non può nulla contro il turista in sandali da Gesù e calzini bianchi che ambisce, fraudolento, alle prime file. Tre botti. E i ‘foghi’ iniziano. Fiori luminosissimi nel cielo nero illuminano a giorno questa porzione di mondo che rende ancora grazie per un fatto avvenuto quasi 5 secoli fa. Fiocchi di luce sparati a ritmo di cuore, e le forme più svariate da quel cielo alto si riflettono su 200 000 pupille grandi come capocchie di spillo. Se chiudo gli occhi riesco a sentire le calli dei sestieri disturbate dall’eco dei fuochi d’artificio, deserte e disturbate, l’acqua scura e placida della notte che continua a scorrere lentamente. Fontane di luci e colori, esplosioni di “oooh!” e “aaaah!”, e per i primi 10 minuti se ti volti a guardare la folla vedi solo smartphones puntati al cielo. Poi le braccia fanno male, e allora per fortuna il guardare ritorna prerogativa degli occhi e non più solo degli schermi. Appiccichiamo tutti, e tanto anche. Ma i fuochi fanno dimenticare l’afa tremenda per ben 45 minuti. Ecco a voi il miracolo odierno del Redentore. Lo spettacolo finisce alle 00.15 con tre botti. Almeno noi in Veneto si fa così. Tre all’inizio e tre alla fine. Credo vi risparmierò i dettagli sulla corsa verso il treno per calli e calca, e pure il salasso del parcheggio a Mestre. Credo che vi dirò che il Redentore merita di essere vissuto, magari con un po’ meno caldo, ma lo merita. E’ inutile dirvi che Venezia è un miracolo dell’umanità(e dell’umidita, eh!), dell’architettura, dell’acqua, è una cosa unica al mondo e bella quanto una notte di mezz’estate illuminata da fuochi d’artificio che come questi non ce ne sono in giro (I swear). Devo dirvi che il Redentore è un vero ponte nella storia ed è una fortuna inestimabile avercelo qui, e avere Venezia, incastonata in alto a destra del Bel Paese. Il bello di Venezia è che non cambierà mai, eppure guarda caso ogni volta che la si visita è sempre diversa, mai uguale. Attraversa i secoli e le influenze del mondo ma si tiene stretta quello su cui poggia: la fede nel mare, nella religione, nelle feste secolari. E nei gatti. Viene calpestata ogni giorno da tantissime persone e regge l’urto, convive con e sull’acqua e non smette mai, mai, mai di stare in piedi. Venezia resta sempre una bella, bellissima avventura. E il Redentore è un pezzo di storia che rinnoverà ogni anno, la terza domenica di Luglio, la sua vera identità. Quella silenziosa delle calli, la sera. Quella della memoria dei Veneziani. Quella del dolce sciabordio dell’acqua che raggiunge ogni coscienza, in ogni angolo di mondo, nell’esatto momento in cui si chiudono gli occhi sussurrando il suo nome.
2 Comments
Tra esattamente una settimana arriveranno foto e racconti dal Redentore 2015 a Venezia, che ho avuto la fortuna di vedere ieri sera nella magica città sull'acqua (caldissima ma bellissima as always) :) Solo un po' di pazienza, il sito va in manutenzione per 7 giorni! Restate sintonizzati, intanto vi auguro buon lunedì!
Patrizia Oggi New Horizons ha incontrato Plutone dopo 9 anni e mezzo di viaggio ininterrotto nello spazio.
Ma ve l’immaginate un viaggio lungo nove anni e mezzo per incontrare qualcuno per cui si era stati programmati? Bè, io sì. Si raggiunge una persona, un obiettivo, sé stessi. E’ un percorso irto di ostacoli, di paranoie, momenti bui che più bui non si può e parvenze di felicità che fanno ben sperare ad un arrivo imminente alla meta. Col pericolo di restare feriti per strada, eccome. A causa di pianeti o persone. New Horizons deve ancora dirci se è sopravvissuta alla polvere spaziale che gravita intorno a Plutone, piccolo, minuscolo, ultimo pianetino della sfilza di parenti più grossi, belli e conosciuti. Tutta questa discriminazione poi non si capisce proprio. Perlomeno però i due si sono incrociati anche solo un istante. Plutone me lo immagino blu (e lo so, Nettuno forse è blu e Plutone no, ma nella mia testa le cose stanno così), un pianeta simpatico ma relegato ai confini del sistema solare perché ha combinato una qualche marachella. Di sicuro si è azzuffato con Marte, e allora il Sole ha deciso per lui una punizione esemplare. Sciò, lontano dagli occhi e lontano dal Sole, beccati la polvere stellare e non rompere le scatole ai tuoi fratelli più grossi. Per fortuna che se n’è occupata Sailor Pluto a tenercelo vicino alla memoria (capelli lunghissimi verdi, amica di Bunny/Sailor Moon, ve la ricordate?). E ora tocca a New Horizons. Che, carina lei, secondo me si è innamorata della sua meta durante il viaggio. Miliardi di chilometri, tutto questo tempo… Plutone l’avrà vista orbitare a quei 12000km di distanza e avrà pensato che era la cosa più bella mai vista in tutto quel buio e polvere e meteoriti. La cosa più diversa, quella che colpisce. New Horizons ha avuto mezzora per guardarlo. Nove anni e mezzo per mezzora di sguardi (e riprese). Non le hanno neanche chiesto se voleva restare con lui qualche giorno. A prendere un tè, no? Mi lascia un po’ di malinconia questa storia. Me la sono sognata tutta nei toni della notte, con tante stelle e comete… ma sono certa che se amore era, amore è stato. Anche solo per 30 minuti di esistenza. Restando in tema di spazio, ho una ricetta che a suo tempo mi veniva presentata dopo eternità di attesa (circa 2 volte l’anno, mi è andata meglio di NH dai). La creatrice di questa idea era mia nonna. E lo è ancora, solo che non le fa più. Mi riferisco alle Polpette di Tonno e Patate, che per me erano e sono galattiche, spaziali. Le trovavo quelle rarissime volte al rientro dalle scuole medie, e mi illuminavo. La cosa buffa è che lei non si è mai basata su nessuna ricetta per farle. Mia nonna è la perfetta persona che non rispetta le regole. Figuriamoci le ricette. E’ allergica. Queste le sono venute così, un giorno che aveva patate, tonno, e dell’olio da frittura da riutilizzare. Che dire...Provatele. Dai pasticci nascono capolavori di gusto. Che ho ripreso in mano io circa 15 anni dopo. A me ricordano tanto la cucina in penombra, i cartoni animati in tv e il rumore dei piatti in fase di lavaggio sotto le laboriose mani di mia nonna Bertilla. A voi non resta che crearvi qualche ricordo con loro, ed incrociarle in cucina più e più e più volte nell'arco di quei lunghissimi 9 anni e mezzo tra i pianeti. INGREDIENTI per 15 polpette piatte e tonde 5-6 patate lessate medio/piccole 1 scatoletta piccola e 1 grande di tonno sott’olio 2 uova 4-5 cucchiai di pangrattato + per infarinare prezzemolo fresco tritato qb 2 cucchiai di grana padano 2 fette di pancarré 1 bicchiere di latte sale, pepe PROCEDIMENTO 10 minuti prima di iniziare: lasciare in ammollo nel latte le due fette di pancarré fatte a pezzi. Schiacciare con una forchetta le patate lesse e il tonno sgocciolato. Amalgamare bene entrambi i componenti e aggiungere due uova leggermente sbattute a parte, il grana. Unire ora il pancarré strizzato bene, il pangrattato, il prezzemolo tritato. Aggiustare di sale e pepe. Se il composto è troppo morbido aggiungere altro pangrattato. Con le mani umide formare delle polpette basse e rotonde, passarle nel pangrattato e disporle su un piatto. Prima di friggerle fatele riposare in frigo almeno 20 minuti. Rosolate o friggete in olio di semi bollente, 4 minuti per lato o fino a doratura. Servite calde. Nel mio piccolo mondo di quotidianità sto di nuovo iniziando ad analizzare le cose come facevo quando ero un’adolescente poco propensa (un altro modo per dire ALLERGICA) a stare in mezzo alle it girls della mia classe. Avete presente quella coi brufoli, i vestiti riciclati dalla sorella più vecchia, la naturale propensione a NON spiccare per non essere al centro dell’attenzione? Su le mani, piacere ero io. Ammetto di aver abusato davverodavvero molto del mio pensiero frenetico fino a.. vediamo… circa fino ai 21 anni. E’ stata una vita passata a ponderare, considerare, spulciare il motivo di qualsiasi cosa, ma soprattutto il motivo delle convenzioni tra umani. E scrivere. Vivere metà nella propria mente e metà nella realtà delle cose. Già. Pochi giorni fa ho compiuto 25 anni, un quarto di secolo per gli amici, e ho iniziato a sentirmi triste ad aver abbandonato tutta la ricerca del tutto che ho inseguito per il 97% della mia esistenza. Eventi sfortunati, che ora sono diventati fortunati dato che mi hanno portata sin qui, mi avevano fatto abbassare l’asticella dell’analisi e convinta a non farmi più troppi problemi o troppe paranoie. A volte bypassando dettagli e ragionamenti che in precedenza facevano zampettare anche troppo velocemente il criceto nel cervello. Avevo smesso per autodifesa, credo. Ora, che ho iniziato ad assumere atteggiamenti da 25enne (tipo che se non vado a letto con il viso perfettamente pulito e purificato non ci vado, che non mi sento più così vecchia in certi vestiti che mi ci facevano sentire, che ho il tarlo del salutismo un giorno sì e uno no) mi rendo conto che non si può spegnere una mente portata all’inner conversation. Che scoperta, mi direte. Bè, per me non è stato così scontato riscoprire una cosa del genere. Complice una docente al corso -di cui vi ho parlato qui-, Caterina, (donna dotata di una tale potenza di gentilezza e con una filosofia mentale da ammirare) che un giorno disse “Dovete ragionare, vivete in un mondo che vi spegne il ragionamento, io sono qui per mettervi di nuovo in moto la testa!”. Aveva completamente ragione. Negli anni dell’università ragionavo eccome. Tanto da diventare quasi sociopatica e allo stesso tempo sociomaniaca immedesimandomi troppo nelle ore di Sociologia della grandissima prof. Rettore. E poi guardavo il mondo con occhi diversi, forse più polemici, sicuramente più guardinghi e spaventati. Da quando mi sono laureata però sono scivolata in un limbo parziale che ha fermato la mia parte più analitica. La mia naturale attitudine al raccontare storie ad un pubblico presente solo nella mia mente. In questi giorni sto ricominciando a ragionare come ragionavo allora, ma con il valore aggiunto dei 25 anni ed una serenità da amore, amicizie, progetti. Non più troppo paranoica quindi (dai, sempre un po’, sì!) ma più consapevole. Mi rendo conto che questo mio risveglio sia dovuto a tante cose, principalmente poco belle, accadute nell’ultimo anno. Ammetto di non sentirmi più come la spavalda 22enne che cantava sopra a Taylor Swift I don’t know about you but I’m feeling 22, ma di comportarmi da teenager quando me ne capita l'occasione. Febbraio, come la fine del 2014, mi ha riservato mesi duri. A febbraio ho perso molto, moltissimo. Quello che non si dovrebbe mai perdere a quest’età. Quello che non ha ancora smesso di tenermi sveglia qualche notte. E che, suo malgrado, ha contribuito al risveglio dell'analitica sopita. Ho compiuto 25 anni e il giorno del mio compleanno non ho presentato manco una torta perché non c’avevo voglia. Ho guadagnato due batuffoline pelose che fanno le fusa come trattorini quando parlo con loro. Ho ricominciato a ragionare al 100%. Ho una seria tendinite achillea sx che devo assolutamente curare se voglio tornare a ballare, ma soprattutto a ballare per lei, che ho perso a febbraio. Insomma, ho ricollegato puntini che stavano sparsi in uno spazio sereno dai colori conchiglia. Tornando a noi. Birthday. Dopo tutte queste lunghe parole, dovute assolutamente, vi lascio una ricetta che era presente la sera del mio 24esimo compleanno. E che non avevo fatto io. Portate da Paola, erano state una vera rivelazione. Fresche, buone, piccole, facilissime, veloci, una-tira-l’altra. Mi sembra giusto seguire, in occasione del mio compleanno appena passato, questo filone strambo del non-l’ho-fatto-io-anche-se-era-il-mio-giorno. Eccovi quindi le Palline al Cocco, un dessert estivo perfetto, no bake & no cake, che ho portato alle mie care Dancing Girls una sera di quest’estate torrida ritrovando la ricetta appuntata su un foglietto volante ancora un anno fa. Ringrazio ancora Paola per la ricetta (e per aver portato un dolce la sera del mio compleanno!), le Dancing Girls che lanciano hashtag pazzi quanto le nostre serate casalinghe e Daniele, che sta sempre qui, con me, e che mi ha regalato un mondo intero oltre a quelle due piccole meraviglie che vedete nella foto in stile Eravamo due amici al bar. INGREDIENTI 200 gr ricotta 200 gr cocco rapé 150 gr zucchero PROCEDIMENTO Impastate con un cucchiaio la ricotta, il cocco essiccato (farina di cocco) e lo zucchero. Deve formarsi un impasto omogeneo. Con le mani bagnate d’acqua formate delle palline rotonde e piccole e passatele nel cocco. Tenete in frigo 2 ore prima di servire. PS. Le palline potete passarle anche nel cacao, nella granella di nocciole, nelle codette colorate… be original! (ma io le preferisco comunque tutte al cocco ;) ) |
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