Quest'estate non ho ancora visto il mare, ma mi sono riempita gli occhi di montagna e verde e azzurro del cielo. Conoscevo già la Folgaria, un territorio che comprende vari paesini e un'infinità di cose da fare, ma i miei ricordi risalivano ad una me bambina che si lanciava dal seggiolino dell'altalena per finire in montagne di neve fresca, nei silenzi ovattati interrotti solo dalle risate della mia famiglia e dei miei cugini. Quando avevo 4 o 5 anni nel periodo dell'Epifania ci trasferivamo in Folgaria per una settimana. Per questo motivo quando Dani ed io abbiamo scelto di trascorrere lì qualche giorno non sapevo più cosa aspettarmi, essendo i miei ricordi poco nitidi. Avevo anche un po' di paura: sarebbe stato un soggiorno basato su relax e pensionati a colazione, a prescindere dalla bellezza delle montagne? Mi sbagliavo di grosso, davvero. Prenotato tramite Booking un hotel che ci ispirava fiducia e notato il fatto che il check in sarebbe stato alle 15 siamo partiti da Padova con gli scarponi da trekking diretti verso il Parco delle Cascate di Molina, a Verona (6 Euro a testa l'ingresso) - giusto per non perdere una giornata intera e vedere qualcosa di nuovo, seppur facendo una deviazione. Ci siamo trovati immersi in un bosco-parco davvero bellissimo: aree per picnic e soste, cascate in ogni dove, pace, libellule grandi quanto un cucciolo di gatto(il mio parametro di misura, ovviamente). La piantina ci indicava la scelta di uno dei tre percorsi (verde, rosso, nero), tutti conteggiati in base alle tempistiche di percorrenza, ma abbiamo fatto come altri, ovvero un mix di percorsi (quello nero ha salite impervie niente male) per vedere in 3 ore di calma tutte le cascate e gli scorci che ci interessavano. Special mention to l'altalena sulla cascata, con una rampa per lanciarsi verso una cascata quasi celata da pareti rocciose altissime. Una sensazione di libertà che non abbiamo voluto farci mancare. Pranzo a sacco ovviamente, nonostante il Parco sia servito da un bar. Abbiamo preferito i nostri paninoni con insalata e salumi, giusto per entrare nello spirito montanaro autentico sin dall'inizio. Salutato il Parco delle Cascate di Molina ci siamo diretti verso la montagna vera e propria, impazienti di vedere hotel, camera, centro paese e ufficio IAT. Indispensabili i consigli dell'ufficio turistico del posto, non si può sempre far tutto via pc e Tripadvisor! Ebbene, l'hotel era il più centrale di tutti (Antico Albergo Stella d'Italia), super storico, il più carino a nostro avviso. Sul retro un campetto da basket molto bello popolato da giocatori ad ogni ora, il che ha fatto fare un guizzo di gioia anche al mio, di cestista (che però non aveva le scarpe adatte per tuffarsi nel gioco). Folgaria ci è apparsa subito viva, ma viva con la calma delle montagne, non so se mi spiego. Tutto un altro mondo dal popolo del mare, spesso incollato stile sardina già a partire dalla spiaggia. C'era ancora un bel sole in cielo quindi appoggiati armi e bagagli abbiamo fatto una passeggiatina in centro. All'ora di cena non ci vedevamo più dalla fame e dalla stanchezza: fortunatamente avevamo prenotato al "Ristorante da Ugo" che Trip ci aveva saggiamente consigliato. Meraviglioso l'arredamento, di un coccolo che mi sarei messa ad abbracciare tutti i dettagli in legno e gli ornamenti montanari, meraviglioso il menù ed i piatti (tanti) che ci sono arrivati. Eravamo disperati da autodigerimento, quindi abbiamo anche ascoltato il ragazzo che ci ha consigliato le tagliatelle al ragù d'anatra, il capretto della zia, il brasato cotto con un vino austriaco. Un primo, già, perché da Ugo le porzioni sono enormi: un primo significa una pirofila in ceramica strabordante di cibo. Quindi le nostre scelte sono state un primo per due ed un secondo e mezzo, perché si può anche scegliere per la mezza porzione. Forse è vero che quando si ha troppa fame tutto sembra squisito, ma vi assicuro che lo era davvero! Siamo usciti dal ristorante rotolanti, felici, tranquilli e con una pioggerellina rilassante. Il secondo giorno, quello che potevamo goderci di più in quanto l'unico 'intero' della nostra piccola vacanzina, l'abbiamo cominciato con 8 gradi e pozzanghere. Prima tappa il Museo del Miele, visita guidata di 3 Euro e negozietto di specialità annesse che meritano una capatina. Molto interessanti le nozioni sugli alveari e sulle api. Lo sapevate che la differenza tra un'ape regina ed un'ape normale è solo data dal suo speciale nutrimento nel periodo di crescita? Al negozietto mi sono aggiudicata un vasetto di Nocciomiel, che sto centellinando nel consumo perché è troppo buono! Seconda tappa il Lago di Lavarone, che in realtà non si trova proprio a Lavarone ma a Chiesa, una sua frazione. Il vento era particolarmente aspro e l'ombrello l'avevamo incollato alla mano, ma la vista del lago deserto (per via del tempo, altrimenti è attrezzato proprio come una spiaggia con addirittura gonfiabili sull'acqua) ci è piaciuta. Leggenda narra che due fratelli litiganti per un pezzo di bosco del Monte Rust lasciato in eredità dal padre si fossero sfidati a duello per la proprietà, ma la notte prima del giorno della contesa Dio scatenò un violento nubifragio che fece schiantare gli alberi del bosco sul fondo della conca ai piedi del Rust. L'acqua della pioggia si raccolse nel bacino e gli alberi furono sommersi. Il motivo della discordia non esisteva più. Ad oggi sul fondo del lago si conservano i tronchi e le radici dei maestosi abeti del bosco del padre carbonaio. Fatti due passi anche a Lavarone centro ci siamo diretti verso Luserna, ultimo baluardo del Cimbro, una lingua antichissima di origine Germanica. A mezzogiorno il piccolissimo paesino era tutto chiuso quindi abbiamo pensato unicamente a mangiare (deh, che novità), e lì c'è stata la rivelazione delle rivelazioni: il ristorante/albergo Lusernarhof. Abbarbicato su una discesa su cui dà proprio la veranda in cui si pranza nelle giornate di sole, ha davvero una vista mozzafiato. La cura traspare da ogni dettaglio, dalle tavole apparecchiate al menù. Nulla è lasciato al caso, un occhio attento lo nota subito. I nostri due piatti non potevano che seguire la tradizione del posto. Magari fossi in grado di replicare queste ricette...ne sono andata pazza! Il mio tortel (una preparazione tipica trentina a base di patate - che non è il rösti) con porcini e formaggio fuso era de-li-zio-so. E riempiente da matti. Non esagero nel dire che probabilmente si tratta di una delle cose più buone che io abbia mangiato in vita mia, nonostante all'apparenza i gusti possano sembrare semplici. Lode allo chef! Il Piatto del Signore di Dani era una spadellata di patate, cipolle e quattro tipi di carne tra cui la salsiccia trentina. Altrettanto meraviglioso. La bontà dei piatti ci ha indotto al silenzio: non capita molto spesso! Magari fossi in grado di replicare la cucina di montagna, soprattutto quella del Lusernarhof... sarei una donna felice! Fino ad ora forse vi ho fatto pensare che la montagna per noi è stata sinonimo solo di buon cibo e ricerca della tradizione, ma in realtà ho evitato di dilungarmi troppo su tutte le emozioni che una tale quantità di verde ed azzurro mi ha provocato. Mi mancava tantissimo, la cara montagna. Non ci tornavo da anni. Ed anelavo al poter respirare aria buona in mezzo alla genuinità della gente ed alla bellezza degli alberi. Le orecchie sempre tese verso i rumori del bosco e mai per le notifiche del cellulare. Nel nostro soggiorno ci siamo dedicati anche ai fatti terribili che hanno interrotto la pace delle montagne. La guerra, con i suoi forti sparsi un po' ovunque nella zona Folgaria-Lavarone-Luserna, ha lasciato molti ricordi, molti reperti, molti percorsi per comprendere, non dimenticare ed evitare il ritorno di ideologie sbagliate. Siamo partiti con Forte Belvedere Gschwent, al quale si arriva più facilmente tramite auto (e poi passeggiata nel verde). Dopo aver esibito la nostra Trentino Guest Card (che vi proporrà gratis l'alloggio - se acquistata a parte vi costa 40 Euro) abbiamo avuto libero accesso a tutta la sua pianta. Costruito tra il 1908 ed il 1912, veramente enorme e percorribile interamente (anche nei suoi sotterranei, che a me atterrivano), rappresenta l'esempio di un forte perfettamente conservato. Al suo interno rumori riprodotti da apparecchiature sonore. Spari, parole, lettere lette. Una sentinella ancora viva per proteggere la Trento della Prima Guerra Mondiale. Il nostro ultimo giorno abbiamo preso una delle due seggiovie attive durante il periodo estivo per salire a quota 1500 mt (loc. Francolini - free pass per i possessori di Guest Card Trentino). Il Rifugio Antica Stella D'Italia sovrasta il panorama mozzafiato. Ovunque persone impegnate in percorsi sportivi, cagnoloni felici nei prati, bambini curiosi tra i fiori. E anche qualche mucca (a me spaventano). Abbiamo intrapreso il sentiero che porta a Forte Sommo Alto (1613 mt), altro punto sensibile della Prima Guerra Mondiale ma mai ristrutturato. Bellissima la salita vertiginosa in seggiovia e bellissime le zone lontane da auto o smog, lassù a portata di sole. Magico il respiro degli alberi. Una vacanza davvero bellissima, breve ma piena zeppa di posti scoperti, boschi attraversati, ciclamini delicatissimi in mezzo alle forti radici dei pini.
Insomma, la Folgaria ve la consiglio davvero. Sia che siate sportivi (basket, pattinaggio sul ghiaccio -all year long-, camminate, escursioni a cavallo, mtb) o magnoni e un po' pigrotti come me e Dani, che alterniamo stati di iperattività a scorpacciate di telefilm al calduccio di coperte, volevo dire che la montagna ha sempre un grande cuore. La montagna non delude mai, regala sempre tantissime emozioni e rigenera nel profondo al riparo dal mondo frenetico che condividiamo giorno dopo giorno. Detto questo, non vedo l'ora che arrivino le prossime vacanze. Facciamo uno zompo da capre di montagna ricaricate, Settembre è cominciato e dobbiamo fare scintille! #mountainlove
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Avevo programmato di rientrare nel blog ad inizio Settembre, quando tutto riparte e forse ci sentiamo anche più carichi, ma forse avevo visto male: il ritorno dalle ferie non è stato traumatico, anzi, è quasi soft rispetto agli standard dei miei ultimi mesi, quindi come potevo lasciare silenzioso il Growling? Eccomi qui, insomma. E' sera, anche il secondo giorno di lavoro è andato, impostare la sveglia alle 7 è tornata ad essere una consuetudine serale, la chiavetta per la macchinetta del caffè è tornata nel suo taschino in borsa. Non starò qui a raccontarvi tuuuutte le mie ferie, direi che un post dedicato ci sta (cibo e montagna mi sembrano argomenti abbastanza prolissi in cui tentare di fermare i miei incisi e le mie chiacchiere fuori luogo), vi basti sapere che in queste due settimane di stop ho fatto un po' di tutto. Dal guardare puntate del Trono di Spade in una camera d'albergo su per i monti con la pioggia fuori dalla finestra ed il piumone addosso al rimuovere il sale dell'aria marina di Trieste dalle mie labbra, appena uscita da uno dei ristorantini più strani mai visti finora. E' ricominciata una parte di vita, un'altra parte (quella collaterale da maestra, ballerina ed insegnante) deve ancora ripartire. E le vostre vacanze come sono state? Quanto buon cibo avete incrociato nella vostra strada verso la pace dei sensi? Nelle mie ferie lavorative ho incrociato moltissimi buoni piatti da riproporvi nel blog... previa prova, s'intende. Il mio nome non è Ristorante ma ho l'entusiasmo per provarci! :) Questa Cheesecake al Tè Matcha, tuttavia, non è propriamente un piatto testato altrove. Ho ricevuto in dono dalle mie compagne di danza un barattolino preziosissimo di Tè Matcha, la magica polverina giapponese che tra benefici, usi e proprietà ci si potrebbe veramente riempire una lista lunga una pagina. La sua forma non è in foglie bensì in polvere: in Giappone il Matcha si versa a piccolissime dosi in una tazza d'acqua e si mescola velocemente con un'apposita frusta in bambù. Avere una tale concentrazione di storia, qualità e particolarità nella mia cucina mi fa sentire davvero fortunatissima, indi per cui rinnovo i miei ringraziamenti alle ballerine che mi conoscono sin troppo bene. Appurato quindi che il verde non è dato dalla menta ma dal Matcha... che gusto ha, vi chiederete? Bè, forse alla prima forchettata vi farà strano. Sentirete un sapore di tè, ma vi assicuro che sarà diversissimo dalla vostra concezione abituale di tè. Era la prima volta anche per me, cosa credete. Mi è piaciuta tanto da aver già inserito la ricetta della Cheesecake al Tè Matcha nel mio raccoglitore delle torte migliori. La sua facilità è massima. Spero che le foto rendano la sua bellezza. Ah, cosa non vi avevo detto? La base è al cacao... anche se non si vede! INGREDIENTI per una tortiera da 20-23 cm Base 200 gr biscotti Digestive 2 cucchiai di cacao amaro 80 gr burro fuso Farcia 400 gr ricotta vaccina 200 gr yogurt greco alla vaniglia 120 gr zucchero 3 uova 1 cucchiaio di amido di mais (maizena) o farina 2 cucchiaini di tè Matcha un pizzico di sale Decorazioni 4 cucchiai di mascarpone 2 cucchiai di zucchero a velo scagliette di cioccolato PROCEDIMENTO Tritare finemente i biscotti nel mixer insieme al cacao. Aggiungere a parte il burro fuso e stendere con un cucchiaio il composto in una teglia a cerniera rivestita di carta forno. I suoi bordi increspati serviranno a creare delle onde disordinate. Pressate leggermente e mettete in congelatore per 15 minuti. Montare ricotta, yogurt e zucchero con le fruste elettriche per 1 minuto. Aggiungere un uovo alla volta, azionando sempre le fruste per poco tempo. Unire anche l'amido di mais ed il sale. A parte, in una tazzina, unire ai due cucchiaini di tè Matcha due cucchiaini rasi di acqua calda. Mescolare bene ed unire la pasta verde alla cheesecake. Usare le fruste. Versare sul fondo di biscotti nella tortiera e cuocere a 160°C per 40-45 minuti. Quando la torta sarà cotta il suo centro sarà un po' ballerino, al momento dell'estrazione dal forno. Far raffreddare e conservare per almeno 4 ore in frigo prima di servire. Per i decori: montare con le fruste mascarpone e zucchero a velo. Creare le decorazioni e cospargere di cioccolato in scagliette. Da me i fagiolini si chiamano tegoline. Ricordo che da piccola proprio non capivo perché avevano loro dato quel nome, in italiano: piccoli fagioli? Le tegoline non lo erano affatto! Probabilmente la linguista che è in me già si faceva domande sulle parole in tenera età... e ad esser sincera mi ricordo ancora di quella volta in cui chiesi a mia madre del perché delle due 'o' nella parola 'shampoo'. Non ne bastava una? Tanto si capiva lo stesso. La sua risposta fu: è perché devi pronunciarlo lungo, shampoooooo. Le ferie si stanno avvicinando a grandi passi ed anche la pausa estiva del blog: ritornerò a pubblicare verso i primi di Settembre, nel famigerato periodo in cui tutto inizia, quando si riprende con gli impegni. Paradossalmente questo periodo non è Gennaio, che stranezza eh?! By the way, sarei curiosa di sapere dove passerete voi le vacanze. In mezzo alle mucche, in montagna? In mezzo ai pantaloncini ORRIBILI (cortissimi in stile mutande) che girano in città? In mezzo ai gonfiabili ed agli asciugamani da spiaggia? I miei piani prevedono una fuga tra montagna e lago, ma eviterò le mucche perché mi fanno davvero paura. Quegli occhi bovini, sapete... vecchia storia. Lagne a parte, ho tanti sogni nel cassetto, città da visitare, luoghi da vedere, emozioni da provare. Speriamo di farcela ad acchiapparli tutti: mal che vada avrò ancora mete da toccare quando sarà finita l'estate, il che significa piani per respirare nel rientro a Settembre.
In questo periodo di pausa il Growling non resterà silente. La pagina Facebook sarà attiva ogni tanto, perché credo abbiate compreso che se non ho nulla di decente da pubblicare preferisco tacere. La pagina Instagram (@thegrowlingpatry), che di solito viene aggiornata una volta al giorno (eh, le foto parlano molto più delle lettere stampate, a volte) subirà un lieve calo di attività ma non andrà del tutto in ferie. Sapete, quel che vorrei davvero, per queste vacanze, è un po' di spirito detox dalla tecnologia. Quindi può darsi che mi troverete qui, poi lì, poi là... torniamo sempre al principio d'evanescenza dello Stregatto, mio adorato Stregatto. Così! Insomma io vi auguro buone ferie! Se avete bisogno di ricette sapete dove cliccare, se avete bisogno di mandarmi un messaggio con una vostra foto insieme ad una mucca usate FB o IG, che tanto se la mucca è in foto non scappo sopra ad una balla di fieno. [Seriamente, scrivetemi! Finalmente vedrei il volto di chi mi legge!] :) Ahah! Detto questo, vi lascio la ricetta di queste lasagne ai fagiolini, patate e pesto scovate su un vecchio Sale&Pepe. Zero besciamella, verdura estiva...e pesto alla genovese. Facili, veloci, gustosissime. True love! Ciao a tutti! See ya in September! INGREDIENTI 200 gr formaggio stracchino o crescenza 150 gr pesto alla genovese lasagne fresche o secche 3 patate medie 200 gr fagiolini PROCEDIMENTO Partiamo dalle patate. Pelatele, lavatele, tagliatele a fette sottili. Fatele sbollentare in acqua salata per cinque minuti, scolate e lasciate da parte. Mondate i fagiolini e lessateli nella stessa acqua delle patate, per due minuti soltanto. Tenete da parte due mestoli d'acqua. Frullate insieme lo stracchino, il pesto e l'acqua. Aggiungetela piano per avere sempre sotto controllo la consistenza, che dovrà essere cremosa. Sporcate una teglia da lasagne con poca salsa, stendete uno strato di lasagne (io non le sbollento mai). Stendete altra salsa, le patate a fettine sottili, i fagiolini. Lasagne... e così via fino ad arrivare ad esaurire gli ingredienti. Infornate 25 minuti a 180°C. Servite con basilico fresco! |
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