Questa sono io che mi carico per la guerra. E la ricetta di oggi non esiste. Sono solo io, con un discorso molto intricato di un lunedì molto movimentato. Oggi vi racconto solo una storia (anche perché abbinatela, voi, una ricetta a un discorso così!). Questa mattina pensavo all'importanza del tono delle parole. Sono stata in collera per una buona giornata intera, solamente per tre parole. Eppure solitamente non mi lascio toccare dalla tacita violenza di certi toni, o magari mi arrabbio subito e poi lascio andare, via via via. Di norma mi arrabbio principalmente per la mancanza gratuita di gentilezza. E se vi state chiedendo se sia visibile, la mia arrabbiatura, well, vi garantisco che lo è. Divento rosarossaviola, mi salgono le lacrime dal nervoso agli occhi, stringo i pugni e andandomene borbotto inveendo. Poi mi comporto come un'amazzone praticamente, cammino dritta come un fuso (dovrei farlo sempre ma non è così) e lancio occhiate di fuoco in giro. Potrei calciare alla Kill Bill, scoccare frecce avvelenate e pure cacciare pugni aerodinamici. Sono carica a molla. Peccato che da lontano io non ci veda più così bene e maledizione io i pugni non li sappia sferrare. Si salverebbero solo i calcioni alti. Tornando a noi e in particolar modo a stamattina, andandomene dopo quelle tre parole mi sentivo proprio arrabbiata. Con quella persona e con me stessa, perché mi capita ancora di non saper gestire bene le mie reazioni. Tipo i bambini piccoli che non hanno ancora scoperto che quei piedini laggiù sono i loro. Durante la giornata ho ragionato (e continuato idiotamente a fare la superiore). Chi è il responsabile? Io per quello che dico oppure tu per quello che capisci? La verità sta nel come. Ho lottato per anni contro una freddezza ereditata, una spiccata capacità di sparare frasi terribilmente aguzze senza rendermi conto della reale portata. Poi, dopo varie lotte con me stessa e annientamenti di vario genere ho imparato la gentilezza. C'è chi ce l'ha nei gesti, magari, ma non nelle parole. Penso che la si impari dagli altri, da chi frequenti o incroci per caso nella tua vita. Un gesto gentile risolve il più delle situazioni. E poi è tutta questione di soppesare i perché. Perché mi sono arrabbiata così tanto stamattina? Perché non ho semplicemente lasciato perdere e non ho scelto di non trasformarmi nel solito drago spavaldo? L'avete capito anche voi sì, è stato un lunedì un po' movimentato. Ah, scusate, e la chiave dov'è? Per me sta nella gentilezza, sempre. E' dura a volte, e a volte voler prendere a schiaffi qualcuno è lecito. Andare in giro come un drago impettito può essere anche riequilibrante con la propria parte più combattiva. Ma la cosa più importante, dopotutto, è capire perché quella cosa ti abbia ferito così tanto. E, banalmente, riguarda sempre la quantità di importanza che ricopre quella persona per te. Perlomeno, è questa la cosa che mi ha salvato negli anni di foreste buie di dolore. Il cercare di sviscerare il problema e capire il perché. La cosa buffa è che dovrei mettere una ricetta, è un blog di cucina. La realtà è che questo è anche un blog di storie. E allora stavolta va così. Lo spazietto è mio, mi va di lasciarvi solamente la mia storia stasera. Quella di un lunedì particolare su cui avevo solo voglia di ragionare, perché nella passeggiata serale non mi era bastato. Mi perdonerete lo sproloquio per stavolta, spero. E quella là lassù tutta concentrata sono io. Aggiungeteci il colore paonazzo, fatele alzare gli occhi da terra e partirà tutto il resto. Frecce, calci, pugni. Poi tornerò ad essere gentile. O forse non farò nulla di quanto citato perché mettere in moto il cervello fa capire cose che fanno risparmiare gli spararazzi. E con questo, buonanotte. P. Comments are closed.
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