Settembre è sempre stato uno dei miei mesi preferiti.
Quando andavo all'università avevo tutto il tempo di dannarmi l'anima per non potermi permettere i meravigliosi vestiti che vedevo nei giornali di moda. A Settembre sapevo sempre di essere nel periodo più funesto e allo stesso tempo felice dell'anno: la September Issue di tutti i miei preferiti (Vogue, TuStyle, Donna Moderna, Cosmopolitan, Elle) era il numero più grosso e succulento di sempre. I nuovi trend, i must have, gli abbinamenti, i colori. Un tripudio di meraviglie. Ma le ripetizioni di certo non mi pagavano più di una camicetta Mango ed un maglioncino Stradivarius. Ora la situazione è cambiata sì, ma non proprio completamente. Non sono più la giovane studentessa che camminava a testa alta, nel cappottino blu OVS, con cinque riviste modaiole strette al petto, gli occhiali da sole, la borsa con i libri ed i capelli rossi (una tinta che ricordo molto bella indeed) verso l'infinito ed oltre - that is to say via Beato Pellegrino. Non sogno più di poter scrivere per una di quelle riviste, magari andando in giro a scovare i nuovi trend su scarpe Louboutin, dotata di vestito Blumarine. Non guadagno assolutamente il necessario per crearmi un futuro come si deve, e quella è rimasta una variante fissa della questione. Ma il mio sogno ora è semplicemente scrivere. Di cose che mi piacciono. Giusto per desiderare qualcosa di semplice semplice, eh? Bè, direte, lo stai facendo. In quest'universo di foodbloggers che fanno a pugni per aggiudicarsi una casa editrice, cavalcare l'onda per un anno e poi ritornare all'ufficio da cui erano partite. In un mondo in cui mi si dice "Si vede che sei giovane in quello che scrivi, è un tipo di scrittura da Vogue" (e invece toh, chi l'ha visto Vogue? -.- Sto ancora qui, nel nulla delle certezze). Nello stesso mondo in cui una me in quarta superiore aveva predetto che a 25 anni si sarebbe trovata in Canada, tra le foglie autunnali, con la tournée del suo libro all'attivo. Vivendo di sogni avverati e fissi, per la vita. Forse è per questo che a Settembre, se ci penso bene, mi viene un po' di malinconia per le foglie canadesi che ho smesso di inseguire - le stesse che Alice, la bionda Alice, mi ha ricordato poco tempo fa. Eppure Settembre mi piace proprio tanto. Ottobre forse anche di più. Perché si cerca sempre qualcosa di confortante per ricominciare, o per farsi semplicemente del bene. By the way... E' in arrivo un progetto che mi ha dato grande soddisfazione e che mi ha arricchita molto nel viaggio che ho dovuto fare per raggiungerlo e svilupparlo con parole mie. Mi sono sentita di nuovo, nel mio piccolo, una scrittrice che si azzuffa con le parole ed i concetti ed i pensieri. Una scrittrice felice di azzuffarsi con le foglie. Le foglie come sogni e come parole. E così il mio Settembre da autrice ha una nota calda nell'avvicinarsi del freddo. Stay tuned and you will discover it. Vi lascio con una ricetta che da quando l'ho scoperta è diventata un comfort food immancabile per l'inverno, un tappa-malinconie al sapore di castagne, e autunno, e aria fresca sul volto, e raggi di sole sui riflessi rossi che ad anni di distanza i miei capelli ancora si ricordano di aver avuto. GNOCCHI ALLE CASTAGNE (dose per un 6-7 persone - gnocchi medio piccoli) 250 gr farina di castagne 500 gr ricotta vaccina (possibilmente fresca) 1 uovo medio sale pepe noce moscata farina 0 per infarinare mani e piano di lavoro Assemblare tutti gli ingredienti in una ciotola e formare una palla. Coprire con pellicola e lasciar riposare in frigo per 2 ore. Estrarre, prelevare dell'impasto, infarinare il piano di lavoro e formare striscioline della stessa grossezza. Tagliare con un coltello infarinato degli gnocchi di ugual misura. Formare le tipiche rigature con l'apposito attrezzo in legno o con i rebbi di una forchetta. COTTURA: Farli riposare mezz'ora al fresco. Tuffarli in acqua salata bollente ed estrarli quando risalgono in superficie. CONSERVAZIONE: Disporre gli gnocchi appena fatti su vassoi rivestiti di carta forno (non attaccati l'uno all'altro). Riporre in congelatore per 30 minuti. Porli poi dentro ad un sacchetto e conservare in freezer per un massimo di 3 mesi. Per la cottura: tuffarli da congelati nell'acqua calda, come sopra. CONDIMENTI: ragù di coniglio e rosmarino, fonduta di gruyère e timo, burro fuso e salvia, burro fuso e Asiago grattugiato (e ribes rosso spadellato, in caso).
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Sono in corso un po' di cambiamenti estivi nel mio blog, cambiamenti che sarebbe meglio chiamare migliorie, quindi non spaventatevi se a giorni alterni vedrete una modifica qua, una di là, e magari zampe di gatto stampate in qualche foto. Come è possibile intuire ho un po' più di tempo perché il corso sul commercio estero è finito e (forse) I have some room left to improve the present site. Questo corso mi ha lasciata davvero moltissime cose positive, nonché persone davvero valide e simpatiche con cui vorrei restare in contatto non perché lo dicono le convenzioni ma perché mi farebbe davvero piacere. Ognuna di loro andrebbe ringraziata a dovere. Non è forse vero che da chiunque incontriamo nel nostro cammino possiamo trarre un insegnamento? Grazie, allora, ai Corsisti Disperati 2015. Mi avete insegnato tanto e prometto che vi farò assaggiare qualcos'altro, oltre alle Madeleines! Passiamo ora alla ricetta del giorno, e già vedete la foto ecco, e allora vi prometto che poi per un pezzo starò lontana dal proporvi risotti dato che la temperatura esterna assomiglia tanto a quella del mio forno in funzione. Ma questo ve lo dovevo! L'avevo annunciato già al tempo del Risotto alle Fragole, dove pure vi avevo accennato anche al risotto alle rose.. ma per quello dovrete aspettare. La versione di mia nonna è difficile da recuperare(nella sua memoria) e le rose in giardino non profumano come quelle millenarie dei frati coltivate nelle isolette sperdute di Venezia. Nel frattempo non dobbiamo proprio sminuirci, perché questo risotto alle pesche è una vera bontà. Trovatemi la famiglia che ve lo prepara abitualmente! Ci avete pensato? Nessuno, vero?! Bene, armatevi voi di pesche rosmarino e riso, il resto lo fa la padella. Che storia ha il risotto alle pesche? Lo assaggiai la prima volta in un ristorante almeno 4 anni fa, ma lì era solo pesche e cipolla. Io gli ho dato il twist in più e il risultato è valso la raccolta di rosmarino in giardino! Pronti a provarlo? Se state cercando un modo per stupire i commensali direi che qui siamo nel perfetto incrocio tra tradizione e innovazione... e pure salute! INGREDIENTI per 3-4 persone 1 scalogno 3 pesche gialle riso qb (di solito io conto mezzo bicchiere di riso per persona) sale pepe rosmarino fresco tritato qb 1/2 bicchiere di vino bianco olio extravergine d'oliva 1 noce di burro 800 ml di brodo vegetale(più o meno) PROCEDIMENTO Tritate finemente lo scalogno e mettetelo a rosolare in poco olio in una casseruola dal fondo spesso. A doratura completata (a fiamma dolce), aggiungete 2 pesche tagliate a cubettini e cuocete per 2 minuti, schiacciandole un po' con un mestolo di legno. Aggiungete ora il riso e tostate a fiamma media per due minuti, poi sfumate col vino bianco e lasciate evaporare sempre mescolando. Iniziate ora la vera cottura del riso. Allungate man mano con il brodo fino a quando non si asciuga e procedete in questo modo. Dopo 10-12 minuti aggiungete la terza pesca, che avrete frullato grossolanamente (senza osso centrale s'intende). Salate, pepate. Terminate la cottura, aggiungendo una noce di burro e il rosmarino tritato. Lasciate riposare coperto per un minuto e poi servite. Cinco de mayo: non ditemi che non ne avete mai sentito parlare!
Il 5 maggio 1862 i messicani sconfissero i francesi di Napoleone III nella battaglia di Puebla, regione del Messico, e la sconfitta fu talmente storica che il CINCO DE MAYO ora viene celebrato oltre che in tutto il Paese anche negli USA, a Londra, Parigi, in Nuova Zelanda e nel resto del mondo. L’occasione, insomma, è sempre buona per onorare i cari messicani (e per far festa, ovviamente). Colgo l’occasione anche io, eheh!, proponendovi una ricetta base ma basica di questa cucina straordinaria, il Riso Messicano. Servito in tutti i locali a tema è davvero un’alternativa ottima al solito risetto in bianco e in quest’occasione ci ricorda che, volendolo, si riesce sempre a ribaltare le carte di un destino già scritto (storicamente parlando). Per il Messico è stato così… e dato che a me il mexican food piace molto vi invito a provare questa ricetta super tipica, magari immaginando un gruppo di Mariachi nella vostra cucina. Lo apprezzerete, garantito! ¡Qué viva México y viva el cinco de Mayo! [Ricetta tratta da thekitchn.com ma riadattata a gusti personali.] (Foto proveniente dal mio profilo Instagram - se volete seguirmi... trovate le mie coordinate qui a destra! Alert: mi sa che sarò più attiva lì durante la settimana, per il momento... giornate tremendamente impegnative in corso!) INGREDIENTI per 6-8 persone 1 lattina di pomodori pelati da 800 gr 300 gr riso a grani lunghi (per me basmati) 1 cipolla bionda 500 ml di brodo vegetale 1 o 2 peperoncini jalapeno o serrano sale olio di semi qb 5 spicchietti d’aglio 2-3 lime PROCEDIMENTO Passate al mixer o con il frullatore ad immersione i pelati e la cipolla (prima tagliata grossolanamente). Versate in una casseruola abbastanza capiente e aggiungete il brodo, il sale. Portate ad ebollizione a fuoco basso. Nel frattempo occupatevi del riso. In una teglia da risotto capiente versate il riso e tanto olio da coprirlo appena (non esagerate, l’olio richiesto non è molto). Fate rosolare a fuoco vivace per 3-4 minuti mescolando spesso, poi aggiungete i peperoncini tagliati a tocchetti (senza semi, eliminateli!) e rosolate un altro minuto a fuoco basso. Ora aggiungete l’aglio leggermente schiacciato, rosolate 1 minutino e poi unite al riso tutto il brodo caldo col pomodoro. Cuocete a fuoco basso, mescolando, fino a che non sarà stato assorbito tutto. Spegnete, lasciate riposare 10 minuti, sgranate. Spruzzatevi il succo dei lime e servite caldo. Ottimo come accompagnamento a piatti messicani o come variante del solito riso asciutto. C’è un piatto che ho sempre amato, un primo super versatile che per me vale tutti quei 20 minuti di cottura. L’ho amato sin da bambina, e non so se vi ho mai parlato di quella volta al matrimonio del cugino di mia madre, perché me la ricordo ancora eh, anche se ero una cucciola hobbit e i cuccioli hobbit ai matrimoni mangiano solo per poi correre via a giocare lontano dai crismi da cerimonia. Mi ricordo gli ingredienti, il profumo dei pezzettini di verdura, il bis richiesto che mi è stato presentato in versione ridotta. Troppo poco era. E poi ne ricordo un altro, di pesce, mangiato poco tempo fa… ottimo. Tutto il gusto del mare e i chicchi di riso, che per crescere hanno bisogno di stare nell’acqua, e quasi per assurdo poi, perché sia il pesce che il riso stanno nell’acqua, quindi direi che come combinazione era divina – e lo è forever.
Il risotto lo amo insomma. Adoro provarlo variando gli ingredienti, adattandomi alle stagioni, e mi piange il cuore quando è estate e fa così caldo e a me vien voglia di risotto. Ma bando alle ciance, oggi vi parlo del risotto alle fragole che ho fatto ieri a pranzo. [ Credo proprio che questo sarà il primo di un filone dedicato. Ve ne proporrò altri alle pesche, alle rose… seguiamo la natura, vi va? ] Non si tratta del solito abbinamento prosecco-fragole (proposto da tutti qui nel web), si tratta di un risottino con piccoli dettagli che fanno la differenza. E che può piacere come no. A mio padre, ad esempio, non è piaciuto. E non ho problemi a dirvelo! Le donne di casa invece l’hanno amato, e non di certo perché è rosa. Ma è una questione di dettagli, ve l’ho detto… ve ne dico solo uno, poi il resto lo trovate nella ricetta qui sotto: la glassa di aceto balsamico. Ci va! Non è un’opzione, giuro. Gli dà quella scintilla speciale che serve a completarlo, a chiudere il cerchio dello Strawberry Swing (li sentite i Coldplay in sottofondo?). E poi diciamocelo, sentirsi un po’ Pollock nel fare le decorazioni piace a tutti. Dovete solo trovare delle fragole BUONE, vi raccomando. Non le prime che vi propone il fruttivendolo. Annusatele. Se avranno il buon profumo dolce saranno quelle giuste… Materia prima eccellente, risultato eccelso. Azionate i nasi e poi le mani, le papille gustative ne sapranno trarre il giusto vantaggio, alla fine! INGREDIENTI senza bilancia per 4 persone 10-16 fragole medie (+ qualcuna per decorazione) 4 mezzi bicchieri da cucina di riso (io ne ho usato uno semilavorato) brodo vegetale caldo qb sale ½ bicchiere di vino bianco 1 cucchiaino di marmellata di fragole 1 cucchiaino di mascarpone 1 cucchiaino di burro olio di oliva ¼ di scalogno, tritato glassa all’aceto balsamico PROCEDIMENTO Iniziate mettendo a bollire un pentolino capiente con acqua calda e brodo vegetale granulare (1 cucchiaino). In una pentola a fondo spesso fate rosolare in un filo d’olio il poco scalogno tritato finissimo. Quando inizierà a dorare unite il riso. A fiamma media tostate il riso continuando a mescolare con un mestolo di legno. Dopo qualche minuto sfumate con vino bianco o birra leggera. Quando tutto l’alcol sarà evaporato iniziate con la cottura vera e propria. Aggiungete brodo vegetale caldo e aspettate che asciughi, sempre mescolando per non far attaccare. Dopo la prima aggiunta di brodo aggiungete 10-12 fragole tagliate a tocchettini. Continuate la cottura. Dopo la terza aggiunta di brodo provvedete a frullare le fragole rimaste con poca acqua (io ho usato il frullino ad immersione) e unite la purea di fragole ottenuta al posto del brodo. Lasciate assorbire e poi continuate con le aggiunte di brodo fino a che il risotto non sarà quasi pronto. A tre minuti dal fine cottura aggiungete un cucchiaino di marmellata di fragole, un cucchiaino di mascarpone. Mescolate bene e regolate di sale. Quando il riso sarà cotto (e piuttosto all’onda, non fatelo asciugare troppo che poi nel piatto sta in piedi da solo!) spegnete la fiamma e mantecate con il burro. Aspettate un minuto e poi dividete nei piatti. Decorate con glassa all’aceto balsamico e fragole. Per chi non gradisse il gusto forte della fragola aggiungete pochissimo parmigiano grattugiato, ma io vi consiglio di gustarlo così com’è. |
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