C’è un piatto che ho sempre amato, un primo super versatile che per me vale tutti quei 20 minuti di cottura. L’ho amato sin da bambina, e non so se vi ho mai parlato di quella volta al matrimonio del cugino di mia madre, perché me la ricordo ancora eh, anche se ero una cucciola hobbit e i cuccioli hobbit ai matrimoni mangiano solo per poi correre via a giocare lontano dai crismi da cerimonia. Mi ricordo gli ingredienti, il profumo dei pezzettini di verdura, il bis richiesto che mi è stato presentato in versione ridotta. Troppo poco era. E poi ne ricordo un altro, di pesce, mangiato poco tempo fa… ottimo. Tutto il gusto del mare e i chicchi di riso, che per crescere hanno bisogno di stare nell’acqua, e quasi per assurdo poi, perché sia il pesce che il riso stanno nell’acqua, quindi direi che come combinazione era divina – e lo è forever.
Il risotto lo amo insomma. Adoro provarlo variando gli ingredienti, adattandomi alle stagioni, e mi piange il cuore quando è estate e fa così caldo e a me vien voglia di risotto. Ma bando alle ciance, oggi vi parlo del risotto alle fragole che ho fatto ieri a pranzo. [ Credo proprio che questo sarà il primo di un filone dedicato. Ve ne proporrò altri alle pesche, alle rose… seguiamo la natura, vi va? ] Non si tratta del solito abbinamento prosecco-fragole (proposto da tutti qui nel web), si tratta di un risottino con piccoli dettagli che fanno la differenza. E che può piacere come no. A mio padre, ad esempio, non è piaciuto. E non ho problemi a dirvelo! Le donne di casa invece l’hanno amato, e non di certo perché è rosa. Ma è una questione di dettagli, ve l’ho detto… ve ne dico solo uno, poi il resto lo trovate nella ricetta qui sotto: la glassa di aceto balsamico. Ci va! Non è un’opzione, giuro. Gli dà quella scintilla speciale che serve a completarlo, a chiudere il cerchio dello Strawberry Swing (li sentite i Coldplay in sottofondo?). E poi diciamocelo, sentirsi un po’ Pollock nel fare le decorazioni piace a tutti. Dovete solo trovare delle fragole BUONE, vi raccomando. Non le prime che vi propone il fruttivendolo. Annusatele. Se avranno il buon profumo dolce saranno quelle giuste… Materia prima eccellente, risultato eccelso. Azionate i nasi e poi le mani, le papille gustative ne sapranno trarre il giusto vantaggio, alla fine! INGREDIENTI senza bilancia per 4 persone 10-16 fragole medie (+ qualcuna per decorazione) 4 mezzi bicchieri da cucina di riso (io ne ho usato uno semilavorato) brodo vegetale caldo qb sale ½ bicchiere di vino bianco 1 cucchiaino di marmellata di fragole 1 cucchiaino di mascarpone 1 cucchiaino di burro olio di oliva ¼ di scalogno, tritato glassa all’aceto balsamico PROCEDIMENTO Iniziate mettendo a bollire un pentolino capiente con acqua calda e brodo vegetale granulare (1 cucchiaino). In una pentola a fondo spesso fate rosolare in un filo d’olio il poco scalogno tritato finissimo. Quando inizierà a dorare unite il riso. A fiamma media tostate il riso continuando a mescolare con un mestolo di legno. Dopo qualche minuto sfumate con vino bianco o birra leggera. Quando tutto l’alcol sarà evaporato iniziate con la cottura vera e propria. Aggiungete brodo vegetale caldo e aspettate che asciughi, sempre mescolando per non far attaccare. Dopo la prima aggiunta di brodo aggiungete 10-12 fragole tagliate a tocchettini. Continuate la cottura. Dopo la terza aggiunta di brodo provvedete a frullare le fragole rimaste con poca acqua (io ho usato il frullino ad immersione) e unite la purea di fragole ottenuta al posto del brodo. Lasciate assorbire e poi continuate con le aggiunte di brodo fino a che il risotto non sarà quasi pronto. A tre minuti dal fine cottura aggiungete un cucchiaino di marmellata di fragole, un cucchiaino di mascarpone. Mescolate bene e regolate di sale. Quando il riso sarà cotto (e piuttosto all’onda, non fatelo asciugare troppo che poi nel piatto sta in piedi da solo!) spegnete la fiamma e mantecate con il burro. Aspettate un minuto e poi dividete nei piatti. Decorate con glassa all’aceto balsamico e fragole. Per chi non gradisse il gusto forte della fragola aggiungete pochissimo parmigiano grattugiato, ma io vi consiglio di gustarlo così com’è.
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Capita che a colazione le fette biscottate spariscano. Che i biscotti non mi aggradino. Che il pane non esista. E che io abbia fame.
Con l'arrivo della bella stagione inizio a riscoprire gli yogurt, dopo un inverno di "Brr no, è freddo! Fa freddo!! Non lo voglio!" (che non valeva solo per gli yogurt ma anche per i cocktail nei bar all'ora dello spritz)... e allora il condimento perfetto per Mr. Yo (dove Yo sta per yogurt) arriva quatto quatto per fornirmi l'alternativa alla colazione fatta solo di tè verde per penuria della dispensa. Comprato? Nah! Uscito dal forno! Ecco, capita anche che al super non mi piacciano i tipi di Granola o Muesli proposto, o che abbiano tutti olio di palma - mannaggia a loro e all'industria... Quindi condivido con voi la ricetta riadattata da Dissapore.it, mia bibbia del sarcasmo sul mondo del food. Riadattata, ovviamente. Ve la consiglio anche come spuntino pomeridiano, tra l'altro. Sana, buona, salva-colazione. Yuppidu per la Granola! INGREDIENTI per 1 placca da forno di granola(= 2 vasetti ermetici dell'IKEA): 250 gr di fiocchi d’avena 200 gr di frutta secca spezzettata (noci, nocciole, mandorle..) 120 gr di frutta disidratata (cranberries, uvetta, banane papaya mango secchi..) 2 cucchiai di zucchero di canna 2 cucchiai di olio extravergine di oliva 5 cucchiai di miele 100 ml acqua 1 pizzico di sale PROCEDIMENTO Mescolare in una ciotola la frutta secca con i fiocchi di avena, lo zucchero di canna e il sale. Nel frattempo mettere sul fuoco, in un pentolino, l’acqua, il miele e l’olio; portate a ebollizione piano piano, mescolando se la schiuma si alza troppo, e fare sobbollire per circa 5 minuti. Togliere dal fuoco e versare subito il composto nella ciotola. Mescolare bene. Ricoprire una teglia da forno di carta da forno e versarvi il composto in uno strato sottile: usate un cucchiaio ma non schiacciate troppo. Infornare a 150°C (preriscaldato) e rivoltare ogni 10 minuti per 30 minuti. Passati i 30 minuti aggiungere la frutta disidratata; dopo altri 20 minuti di asciugatura, mescolando sempre di tanto in tanto, spegnere il forno e lasciarla raffreddare lì. Riponete in un contenitore di vetro e consumate entro 2 settimane. Non è passato molto tempo dal primo post di Alice sul cibo Berlinese, ma i suoi 3 mesi nella città tedesca sono giunti al termine ed ho avuto la gioia di riabbracciarla proprio il giorno prima di Pasqua. Poco prima di volare in Italia però la mitica Bionda mi ha inviato la seconda parte del suo reportage tutto da leggere (per poi partire e sperimentare i posti citati!), quindi è con grande onore che vi invito a 'gustare' i suoi consigli supersupersuper low cost sulla Berlino da mangiare. Poi mi direte come vi sentite alla fine dell'articolo: io sono corsa a girovagare sui siti di compagnie aeree con meta proprio lì... ;) E allora grazie ancora alla mia food reporter semi-tedesca, bentornata a casa Alice!! PS. Non intendo lasciarvi come capita spesso qui nel Web, che si legge un articolo e l'autore resta senza volto, senza riconoscimento... per me significa quasi lasciare l'autore senza voce. Meritate di conoscere Alice, quindi leggete tutto e alla fine troverete la foto del nostro incontro post-ritorno! Io sono quella sulla destra, ovviamente in movimento ed ovviamente in talking mode! Alice ha in mano il nostro cuore collettivo che si era portata in Germania... la versione materiale ce l'ha fornito il bar come piattino. Ehehe! Buon divertimento ;) _________ Come promesso, ecco un nuovo post su Berlino e il cibo, parte 2. Tema della puntata: cibo etnico low cost. Penso che un argomento del genere potrebbe diventare una tesi di laurea o meritarsi un tomo della Treccani, se volessimo provare ad elencare le tantissime possibilità per riempire la pancia senza svuotare il portafoglio. Quindi, come è logico, parlerò della mia esperienza e di quei posti che mi è capitato di provare, un po’ per caso, un po’ per scelta, un po’ per vera necessità. Ecco la storia di come mi sono imbattuta da Tônis. Un bel giorno è successo che i miei coinquilini hanno scoperto che non avevo mai mangiato cibo vietnamita. Sconvolti. “Sei seria? Oh, ma che triste, bisogna rimediare!”. La mia testa ha pensato: “Cari miei, io mica vivo a Berlino, è già una notizia sconvolgente se aprono un ristorante cinese nel mio paesino!”. Quindi, colti da spirito di iniziativa e desiderio di socievolezza, abbiamo organizzato una serata all’insegna del cibo vietnamita e Joanna e Jonas mi hanno portata in questo delizioso imbiss a 5 minuti a piedi da casa, Tônis, appunto. Delizioso non certo per l’ambiente, che è molto semplice e spartano, come d’altronde tutti gli imbiss, e che ha dalla sua parte il fatto di somigliare molto ai localini tipici vietnamiti in cui si mangia in tavolini alti e stretti circondati dai profumi della cucina che sta lì, nella stessa stanza (e questo non lo dico io, ma Joanna, la mia coinquilina, che in Vietnam c’è stata perciò ne sa qualcosa). Tempo zero e la cameriera dall’aria buffa e comica, ci porta del tè offerto dalla casa. Ottimo inizio, direi. La scelta, poi, è stata dura, vista la difficoltà nel decifrare a pieno le pietanze proposte. Così mi sono buttata su un piatto a base di latte di cocco e mango, con broccoli, peperoni e altre verdurine molto salutari, il tutto accompagnato dalla classica ciotola di riso basmati bello appiccicoso. Il latte di cocco era dolce, ma assolutamente non stomachevole, e insieme al mango cotto formava una salsa arancione cremosa, piccante e saporita che anche da sola sarebbe stata una zuppetta di successo. Le verdure assolutamente fresche e cotte in padella, perciò se amate i broccoli non potevate far altro che apprezzare (per fortuna da un anno a questa parte ho iniziato a mangiarli anche io!). Il tutto per 5,90 euro. Una sciocchezza praticamente. Due ulteriori note di merito: la temperatura, calda fumante, che d’inverno è una benedizione, e l’abbondanza del cibo (sono stata impegnata in questa relazione amorosa con il mio piatto per almeno venti minuti). Inoltre, cosa da non sottovalutare, non vengono usati glutammati, lattosio e conservanti, per ottenere una cucina veramente sana. Penso sia chiaro perché consiglio questo posto. La mia prima esperienza col cibo vietnamita mi ha lasciata estasiata e penso proprio che ci tornerò ancora prima di tornare nel Belpaese. Atmosfera calda, cibo di qualità e prezzo abbordabile, senza parlare del fatto che la cucina vietnamita è molto salutare e adatta anche ai vegetariani o vegani, come il mio coinquilino. Penso firmerò una petizione per avere un Tônis anche nel mio paese natale! D’altronde non pensate che “da Tônis” suoni molto veneto? Io ce lo vedrei bene! Facciamo ora un salto in Africa. In un angolo sperduto del quartiere Kreuzberg, nelle vicinanze di Hermann Platz, esiste un piccolo bistro che serve specialità sudanesi. Putroppo non ricordo il nome e non sono riuscita a risalire esattamente all’indirizzo, in quanto ci sono capitata anche io per caso trascinata dal mio coinquilino Philip. Ma se vi capitasse mai di essere in zona Hermann Platz e di imbattervi in un bistro sudanese non abbiate dubbi, provatelo! Si viene serviti con molta cordialità da cuochi rigorosamente sudanesi. Si tratta di cibo di strada, quindi vi siederete solo se avete fortuna, ma ne vale la pena per le salse e il mix di patate e verdure che mettono nei panini. Le porzioni non sono enormi, lo ammetto, ma il gusto è qualcosa di unico, e fingerei se vi dicessi che sapevo esattamente cosa stavo mangiando, e quali spezie rendevano il tutto così buono! Non lontano da Rosenthaler Platz si trova W-Der Imbiss. Si tratta di un ristorantino fusion, cioè che propone piatti originali proprio perché nati dalla fusione di diverse tradizioni culinarie, indiana, italiana, messicana. Il risultato di questo sodalizio è la “pizza naan”, in cui l’impasto del pane indiano cotto nel forno tandoori viene farcito con vari ingredienti, proprio come noi italiani farciamo le pizze. Se vi accontentate di non scegliere la versione con il salmone, riuscirete anche in questo caso a saziarvi con sei euro, tra l’altro facendo il pieno di verdure, visto che si tratta di un ristorante vegetariano. L’influenza messicana, invece, sta nella scelta di tortillas, farcite con ingredienti e spezie della cucina indiana, come nel caso dello swami burger. Riso, verdure al curry, pakora e chutney oltre ad abbondante insalata, farciscono la tortilla (foto in alto!). Vi state chiedendo che cosa sono pakora e chutney? Ho dovuto informarmi anche io, e Wikipedia mi ha spiegato che: la pakora è sostanzialmente un mix di verdure fritte in una pastella a base di ceci, mentre il chutney è un condimento orientale solitamente a base di spezie e verdure dal sapore agrodolce. I palati delicati potrebbero forse avere problemi con questa salsina, vista la sua particolare dolcezza all’interno di un piatto salato, ma basta farci un attimo l’abitudine e non vi sembrerà più così strana! Raccomando di andarci con fame, le porzioni sono enormi! In conclusione di questa rassegna culinaria auguro a chiunque stia leggendo di avere la possibilità di venire a Berlino per viverla sulla propria pelle, scoprirla con i propri occhi e degustarla con le propria bocca! E’ una città che non si finirebbe mai di scoprire, in continuo mutamento e decisamente vivace! Di solito non si fa, ma dato che siamo italiani e stiamo parlando di cucina, voglio lasciarvi con un ultimo consiglio. Se doveste venirvi quella nostalgia canaglia da cibo e sapori italiani, sappiate che ci sono pizzerie e ristoranti italiani davvero validi. Quindi, oso abbattere quel pregiudizio secondo cui la pizza all’estero fa sempre schifo e non bisogna assolutamente mai mangiare italiano! Da “Masaniello”, zona Kreuzberg, la pizza è anche migliore di quella che si mangia in certi posti italiani! Fatta da autentiche mani siciliane, e la qualità non mente! E il ristorante “Al Contadino sotto le Stelle” usa prodotti prelibatissimi direttamente dalla Basilicata. Certo, il portafoglio spesso non permette di frequentare questi posti, ma fidatevi che in questi due posti tornerete a sentirvi a casa! Un saluto grande, ci si vede in Italia! Alice Ave, popolo delle torte salate. Credo che la Primavera sia arrivata (vi prego, ditemi di sì, voi). Anche perché oggi ho comprato una giacca leggera. Una cosa che fa a botte con la lana. No, dico, dovrò dire addio alla lana. Felicità!
Mia nonna me l’ha confermato, guardando i fiorellini piccolissimi e salvatici, bianchi e blu, tipici di queste zone: “i oci dea Madonna i parla da soi” ovvero ‘gli occhi della Madonna parlano da soli’. E allora benvenuta Primavera! Tutta sollevata me ne sono andata a passeggiare sul prato davanti a casa mia, luogo incontaminato di verde e margherite, e tantissimi fiori gialli… di tarassaco. Una pianta spontanea che fa benissimo: depura l’intestino, se mangiata cotta o messa a bollire per un decotto homemade e, se raccolta in prima persona, fa sentire come quando a 8 anni mi fermavo in tutte le aiuole a raccogliere mazzolini di fiori di prato. Duravano sì e no due giorni in un bicchier d’acqua, poi, ma era bello portarli alla mia mamma ed esporli in cucina. Il tarassaco insomma, re dai trattamenti detox, va raccolto quando le foglie sono ancora tenere ed il fiore centrale, il boss della sua piccola corte verde insomma, è ancora un bocciolo piccino. A casa mia si sono sempre usate le foglie, ma conosco chi conserva anche i boccioli dei fiori. Mah, io non mi fido, va bene lo stesso vero? Ho deciso di fare una torta salata con la Primavera, ecco. Tarassaco amaro, spinaci per smorzare un po’, ricotta freschissima… e pomodorini confit. La nota di dolcezza e di colore che mi aspetto da questa nuova stagione. Vi lascio volentieri questa ricetta che proporrò a Pasqua come antipasto, e forse anche a Pasquetta nel picnic fuori casa. Una saporitissima strada verde costellata di rose rosse. PS. Con questa ricetta partecipo al contest Torte Salate di Sale&Pepe! Se volete votarmi basta un minuto: entrate QUI, cliccate su VOTA e... vi beccate un grazie di cuore! PPS. La pasta per la torta salata fatela voi, ve lo consiglio: questa versione è quella che adotto sempre per ogni quiche! L’ho trovata qui: grazie Sigrid! INGREDIENTI per la pasta da quiche: 200 gr farina + 3 cucchiai 90 gr burro morbido 1 uovo piccolo 20 gr acqua ghiacciata sale per il ripieno: 400 gr spinaci 2 mazzettini di tarassaco 200 gr ricotta freschissima 3 uova sale rosa dell’Himalaya (a casa mia ora lo usiamo sempre per via del colesterolo) 3 manciate di pangrattato 150 gr di Grana Padano grattugiato noce moscata qb 2 cucchiai di latte pomodorini confit PROCEDIMENTO Preparate la pasta: in una ciotola di vetro amalgamate con le dita il burro con la farina. Quando sarà quasi tutto assorbito e il composto sarà a briciole unite l’uovo e l’acqua. Amalgamate ancora, regolando di sale. Formate una palla quando il composto sarà omogeneo, e aggiungete farina se la pasta si presenta troppo morbida e appiccicosa (io ho dovuto aggiungere 3 cucchiai di farina). Arrotolate in pellicola e lasciate riposare in frigo per 2 ore. Procedete con l’impasto. Lessate in una pentola antiaderente gli spinaci con poca acqua, mescolando spesso. Quando saranno cotti strizzateli e fateli raffreddare. Fate lo stesso con il tarassaco, facendo attenzione a non bruciarlo. In una ciotola combinate gli spinaci ed il tarassaco cotti e tagliuzzati, unite le 3 uova, la noce moscata, il sale, il latte, il Grana. Aggiungete anche la ricotta e infine il pangrattato. Il composto non dovrà essere troppo liquido. Stendete la pasta tra poca farina, e fatela aderire ad uno stampo imburrato e infarinato. Riempite con la farcia e infornate a 180°C per 35 minuti. Tenete d’occhio il forno! I bordi non devono scurire troppo. Ornate con pomodorini confit e servite tiepida. A tutti voi Buona Pasqua :) Che sia un bel respiro di serenità! |
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