La campana fa din din, la campana dell'amore.. (repeat all'infinito) La campana era una ciotola metallica sul pavimento. Alle quattro di questa notte. A suonarla una zampa pelosa. E quello è il motivetto che ho in testa dalle quattro, appunto, quando mi sono alzata per andare a sfamare un culone di gatto che di notte si tramuta in un aspirapolvere a manovella. Lo avrei lanciato dalla finestra. Poi mi ha dato una testatina sullo stinco e mi è partita la canzone nella testa, insieme a una rata di coccole a tutto il suo bel panciotto soffice. Totoro ha premuto il bottone magico del juke box e zac. Sono le 21.30 e sto ancora con il disco rotto in testa.
Se non avete mai sentito questa canzoncina vi siete persi Una Mamma per Amica e non siete ENTA come me, vero? Oggi pensavo a quello che ci lasciamo dietro quando ce ne andiamo per davvero. Di V., cliente dell'azienda in cui lavoro e persona che conosco da quando sono dietro a quella scrivania, ho sempre stimato la pacata cortesia. Ho sempre apprezzato il suo fare le sue cose mantenendo sempre un profilo basso, umile e discreto. Non lo conoscevo fuori dalla finestra di vita in cui ci incontravamo sporadicamente per fini lavorativi, ma mi ha sempre trasmesso questo: delicata gentilezza. Ed è sempre stato cordiale, una cordialità d'altri tempi, con me. Ieri pomeriggio V. ha fatto un infarto e ha detto addio alla sua famiglia, e la mia testa ancora non l'ha capito del tutto. Il pesce fritto l'ho preso per cena. Perché oggi siamo qui ma domani dove saremo? Alle Bahamas, nella nostra ruotine o nel Multiverso? Al diavolo i pensieri, stasera il pesce l'ho preso un po' per brindare a V., nel mio minuscolo conoscerlo e stimarlo, un po' perché bisogna premiarsi e alzare il dito medio alle incertezze del domani, e un po' perché ero curiosa di testare la ferita che ho nello stomaco. A dirla tutta sono un po' cretina perché fino a prova contraria ho comunque un corpo metallico nelle budella che tiene insieme parti tagliuzzate e ferite in un lunedì da dimenticare, ma questo assieme di organi in guarigione va anche spronato a migliorare e a permettersi qualcosa di meglio di quei pasti light e sani che mi porto dietro da mesi senza nessun picco di gioia del gusto. Quindi insomma, sto qua con le dita incrociate e un blog che da qualche giorno mi mancava. Insomma, a quanto sembra sono tornata a scrivere. Non saranno ricette, ma remarkable pensieri per ora. Cosa c'è di male nel cambiare? Quindi ciao, Patrizia del blog. E' un piacere rileggerti nei vecchi post, ma ora cambiamo un po' la playlist di Spotify. A presto. P. Un anno dopo il mio ultimo post, mentre ero a lavoro oggi, ho quasi pensato di chiudere questo blog. Cosa lo tengo aperto a fare se non lo aggiorno dal 12 Dicembre 2019? Dovete sapere che questo è stato, credo, l'anno psicologicamente più devastante della mia vita finora. Per continuità e difficoltà li batte tutti a mani alte e fa pure un bell' "HA!" mentre si beffa degli altri, in fila dietro di lui. La cosa che forse uno non si aspetta è che questo trend non sia stato propriamente imputabile alla pandemia globale accaduta in questo 2020 (e che ancora non ha fine). Per assurdità il Covid ha semplicemente messo in pausa una vita che era in briciole di dolore, ed era proprio la mia. Mentre scrivo sono ben consapevole del fatto di essere ancora nel percorso. Sarei una burlona se fossi qui a scrivere che va tutto bene e che il mondo là fuori, davanti a noi, ha SOLOCOSEBELLE in serbo. Quest'anno, con una bomba scoppiata nella testa, è stata tutt'altro che una passeggiata nelle cose belle e fatico ancora a credere che il futuro, un giorno, potrà essere veramente liscio. Poi sono un Cancro, quindi fate voi 'nsomma. Quindi, ricapitolando, non è che ora io sia la fatina felice dei lillà, soprattutto in questi giorni oscenamente malinconici, ma volevo dirvi che questo blog non lo chiudo. Magari non lo aggiornerò chissà quando, ma per ora non voglio chiuderlo. E' stato una sorta di diario e nonostante ormai da tempo i miei pensieri si siano spostati su carta mi piace, ogni tanto, sfogliare questi post e ritrovare quella ricetta che proprio vorrei fare di nuovo. O quelle parole che mi ricordano certe sensazioni. E che da brava cialtrona non ho trascritto in nessun altro posto se non qui. Vorrei dirvi che mi trovate every day su instagram e che lì parlo spesso di cibo, oltre che di montagna, gatti, cose che strillano convinte il diritto ad essere noi stessi, buchi neri inclusi. Vorrei dirvi che a volte la malinconia non va combattuta ma abbracciata, coccolata, baciata sulla fronte e fatta sentire accettata. Un po' come qualcuno che amo ha fatto con me, più e più volte, in questi ultimi due anni in particolare. Volevo dirvi che mi sono tatuata e che è stato praticamente il rendere visibile una scritta che già avevo sul cuore da anni ma che per paura di tutto non avevo mai letto ad alta voce. Ah, e l'ho fatto con la mia grafia. E non sul cuore perché ho il busto di un cardellino, tutto ossicini, e sono una gran fifona con gli aghi... quindi ho preferito il braccio del cuore. Volevo dirvi che l'amore fa tanto bene, ma fa anche tanto male. E che se non si parte da sé stessi non si va proprio da nessuna parte. Volevo dirvi che ho ancora l'ansia, a volte, ma che da qualche mese cerco di darle un colpo di bacchetta e illuminarla con qualcosa di bello. Con altro amore per esempio, ovvero quello per un progetto che mi ha impegnato giorni, ore e ore fino a tardi al pc, infiniti whatsapp in ogni momento, brainstorming in ogni dove, e pure qualche sbrocco da tempi stretti. Questo progetto si chiama Tre Passi con Marian Onlus, e quest'anno non fa rima con spettacolo di fine anno ma con un disegno, che è un cervello fiorito, che abbiamo fatto stampare su borse molto belle per raccogliere fondi per le malattie neurologiche, come quella che si è presa la nostra Marian. Se mai foste curiosi, mi trovate anche qui, tra le mie amiche, impegnata ad aprire un po' di più questo cuore che pensavo mi lasciasse a bordo strada da inizio anno. https://www.trepassiconmarian.com/ E lì in alto mi vedete occhialuta, con venti menti, con il mio piccolo Drago perfetto che si intromette nelle foto che avrei dovuto fare alle borse per TPCM, e che resto in equilibrio nell'unico muro bianco sgombro che ho in casa, ovvero quello sopra al divano dell'ingresso. Con le porte spalancate perché c'è poca luce laggiù, con 5 gradi e un pull rosa da spavalda con l'ibernazione in corso. E poi non lo vedete, ma Otto era giusto giusto sulle mie pantofole, sotto al divano. Volevo dirvi che sono ancora io, molto incasinata, molto gattara, molto me. Sto aspettando di vedere come evolve nuovamente tutta questa cosa che sono le mie giornate, e sto anche aspettando di tornare in Trentino ad accarezzare i tronchi dei boschi mentre cammino sul sentiero. Volevo dirvi che ho capito perché amo e temo i boschi in egual misura: amo il loro silenzio e la loro magia, lo temo perché non so mai chi o cosa ci potrei incontrare, come mi potrei difendere, ma più ci cammino e più mi conosco. Volevo dirvi che chi vi conosce fino in fondo ai vostri abissi e ai vostri boschi e vi ha visti per come siete, stremati e feriti e sanguinanti e terrorizzati, vuoti di qualsiasi scintilla del domani, è un dono. Certi doni dovremmo tenerli stretti tra i palmi delle mani e lasciarci scaldare dal loro calore senza avere paura. Poi, vorrei dirvi che son sempre la solita dei pipponi. Ho 30 anni, mettetevela via, non cambierò mai in questo. A presto, P. L'INVERNO E' ARRIVATONel momento in cui vi sto scrivendo ha cominciato da circa 5 minuti a nevicare fuori dalla finestra. Fiocchi grossi e cicciotti, scendono fitti nonostante i 3°C. Dubito attechiranno al suolo, ma non so da quanto tempo non mi capitava di vederla scendere durante la settimana, mentre me ne sto chiusa al caldo, e tutto il mondo che corre per lavoro fuori dalla finestra si ferma anche solo per un istante a guardarla. Sono qui perché ho avuto qualche problemino di salute, e perché finalmente sono riuscita a recuperare un po' di forze in questa settimana per scrivervi quella che penso sarà l'ultima ricetta di questo 2019: le Lasagne Zucca e Carciofi. HEAL WHAT HAS BEEN HURTUna torta di mele per stare meglio. Tutti sono fuori in questa bellissima domenica di sole Autunnale. Oggi è una di quelle tipiche domeniche che preannunciano il freddo vero ma ti permettono di uscire con un numero di strati decenti e non ancora imbarazzante nella quantità. Quelle che passerei in un prato di Cambridge, per capirci. Io ho un colera da cavallo. E mi sono preparata una torta per vedere se la situazione migliora. Ne ho scelta una che arriva dal Nord, dove tutto è freddo e brullo, dove si pensa in maniera diversa. Questa è la Torta di Mele Norvegese (che dovrebbe farmi sentire meglio). |
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