Prima ancora che gli alberi lascino cadere tutte le foglie coloratissime e la terra si irrigidisca nel suo cappotto invernale (previsto per questa Domenica) ammirare il volo delle foglie sta diventando un momento fondamentale della giornata. Pesano molto tutti i fatti che stanno succedendo in questi giorni di terrore. Parigi, la bella Parigi. Il Kenya. Oggi, il Mali. E tutti gli altri posti in cui la vita ora è scandita da crudeltà e cose senza senso come tendere continuamente l'orecchio per evitare bombe, attentati, persone che non sono più persone ma automi, non-persone che sparano alla gente, la gente disarmata che subisce per un credo inventato dall'uomo assetato di potere e denaro. Parigi io l'ho vista una volta sola, un Marzo di qualche anno fa. Nonostante fisicamente non fossi al top (diciamocelo chiaro e tondo: stavo proprio male) quella città mi era piaciuta tantissimo. Ci ho consumato un paio di scarpe e i primi giorni ho maledetto il vento freddissimo che s'infiltrava dappertutto, ma ho capito quel che scrivevano di lei i filosofi ed ho amato profondamente tutta la bellezza che si può trovare, da Montmartre ai grands boulevards. Il profumo del pain au lait la mattina. Il sentirmi libera, tra le nuvole, sulla punta della Tour. A passeggio per les Tuileries avevo respirato una tale calma e rilassatezza... Nel cimitero Père Lachaise avevo osservato curiosa i gatti, le radici dei grandi alberi affiorare dalla terra e dissestare quell'incastro pittoresco di tombe e ricordi. Parigi, delicata come una foglia autunnale e viva come le atmosfere magiche di Midnight in Paris. Valeria probabilmente finiva le sue giornate nella capitale francese con le guance rosse per il vento, come è capitato a me in quei giorni di viaggio con Valentina e Martina. Avrà dovuto adeguare il suo inglese all'accento francese, perché muffin (mùffin) si pronuncia muffìn, pena la non comprensione. Je ne comprends pas mademoiselle.. muffin? Que est-ce c'est muffin? Valeria forse s'era portata una parte considerevole di Venezia a Parigi, perché le due poesie che sono queste città meravigliose si incastrano perfettamente. Le foglie, sapete, cadono uguali ovunque, in ogni parte di mondo. Mentre noi stiamo qui a farci la guerra continueranno a cadere, resteranno congelate al suolo, sui rami coveranno gemme per la primavera, e poi tutto ricomincerà da capo. Ma sono di una bellezza che non so spiegarmi. Nella speranza che la bellezza non lasci mai questo mondo, la ricetta di oggi riflette la delicatezza di Parigi. Una Crostata Frangipane alle Pere che rifaccio abbastanza spesso, che adoro e che sa di calore fresco, che non è un ossimoro ma è la verità, e sa di autunno, foglie, e vento. Le bon vent, le joli vent. Pray for Paris and pray for everybody, for every city in this world, perché bisogna restare umani, e capire che di vita ce n'è una. E che di bellezza ne ha tanta. INGREDIENTI 1 Panetto di pasta frolla (con la vostra ricetta preferita) 100 gr farina di mandorle 100 gr burro morbido 1uovo 1 cucchiaio di liquore alla prugna/mandorla 1 pera (non troppo cruda) 100 gr zucchero semolato zucchero a velo qb. PROCEDIMENTO Stendere la pasta frolla sullo stampo da crostata (il mio era 18-20cm). Con il frullino montare il burro morbido con lo zucchero, aggiungervi l'uovo, la farina di mandorle, il liquore. Stendere il composto sulla pasta frolla quando sarà bello soffice, livellandolo bene. Affondarci delle fettine di pera a intervalli regolari e infornare a 180°C per 30-40 minuti, stando bene attenti alla cottura. Far raffreddare e decorare con lo zucchero a velo. Servire a temperatura ambiente. Comments are closed.
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